Roma – La mobilità sostenibile, le infrastrutture e le reti fanno parte a pieno titolo dei cardini della transizione ecologica e del Next generation EU. Diversi progetti interventi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza sono già in fase di realizzazione e il Ministero guidato da Enrico Giovanni è già avanti sugli obiettivi prefissati. Il governo è ora costretto a misurarsi con le difficoltà generate dalla pandemia e dal conflitto ma nell’intervista rilasciata a GEA, Green economy agency, il ministro assicura che sulla transizione ecologica non ci saranno passi indietro.
Dunque ministro, finora road map rispettata e alcune opere già in fase di realizzazione. Ci spiega a che punto siamo?
“La nostra quota del Piano prevede 61 miliardi di euro di investimenti articolati in tanti progetti e alcune riforme. Nel 2021 abbiamo conseguito tutti gli obiettivi sia per gli investimenti sia per le riforme, per le quali ci siamo anche avvantaggiati rispetto a quelle previste per il 2022. Quest’anno abbiamo appena raggiunto il primo target per il ‘Programma innovativo nazionale qualità dell’abitare’, che prevede la firma di 158 convenzioni con gli Enti locali per progetti di riqualificazione urbana in tutta Italia, per un valore di 2,8 miliardi, quasi sei volte quello previsto in origine dal precedente Governo. Più in generale, l’attuazione riguarda non solo atti formali ma l’assegnazione delle risorse: i progetti stanno andando avanti compresi quelli delle gare ferroviarie previste nel corso del 2022”.
Di 61 miliardi citati, il 55 per cento andrà al Sud per reti ferroviarie, l’alta velocità, le altre infrastrutture. Davvero cambierà il sistema della mobilità del Mezzogiorno sempre penalizzato nel passato?
“Capisco lo scetticismo, giustificato dal passato, ma io credo che il cambiamento della mobilità al Sud sia necessario e possibile. L’alta velocità Napoli-Bari è già in fase di costruzione, così come la Palermo-Catania-Messina. La Salerno-Reggio Calabria non può essere realizzata tutta entro il 2026, ma il primo lotto consente di collegarsi verso Potenza e verso Taranto. Quindi c’è una visione basata non solo sugli assi verticali, ma anche orizzontali, di connessione tra Adriatico e Tirreno: poi ci sono gli investimenti sui treni green, sulle ferrovie regionali e sugli autobus ecologici, con bandi già sperimentati nel passato. Tutto questo cambierà la vita dei cittadini, anche al Sud. Peraltro, Rete ferroviaria italiana, che dovrà realizzare i grandi interventi ferroviari, è affidabile e perfettamente in grado di farlo”.
Avere pochi enti attuatori facilita la realizzazione del Pnrr?
“Non c’è dubbio, così come accade per le autorità portuali con gli investimenti per l’elettrificazione delle banchine. Le difficoltà che incontrano alcune amministrazioni locali sono meno rilevanti per il nostro settore, dove ci sono relativamente pochi enti attuatori qualificati. D’altra parte, per mesi, ci siamo sentiti dire che eravamo in ritardo e pochi pensavano che avremmo centrato tutti gli obiettivi del 2021. E allora uso le parole di John Maynard Keynes: quando i fatti cambiano, io cambio opinione. E lei signore?”
A proposito delle infrastrutture, l’incremento dei prezzi può mettere a rischio il PNRR?
“Sappiamo che alcune catene di fornitura si sono interrotte a causa degli alti prezzi dell’energia, del ferro e dell’acciaio. Il governo ha fatto la scelta di prepararsi a compensare i maggiori costi delle opere pubbliche senza però accettare l’idea di fermarle. Fronteggeremo i costi maggiori e per le opere che devono ancora essere bandite abbiamo già stanziato 280 milioni di extracosti. Il regolamento del Next generation EU prevede che in condizioni eccezionali, specifici progetti possano essere rivisti. L’aumento dei prezzi dei materiali riguarda tutti i paesi europei e noi stiamo già facendo tutto ciò che è in nostro potere per procedere con rapidità, rendendo i progetti coerenti con le dinamiche di mercato e compensare gli enti appaltanti”.
Davanti alla crisi energetica la spinta forte dovrebbe arrivare dalle rinnovabili ma restiamo ancorati al gas ed è tornata la parola ‘carbone’. Stiamo tornando indietro?
“No, come ha detto Draghi la transizione ecologica resta la prospettiva da cui non si torna indietro. Stiamo fronteggiando una crisi come la guerra, con tutti i drammi che sta producendo e le catene logistiche interrotte a causa del Covid. Ma una cosa sono gli interventi emergenziali, un’altra è la prospettiva di medio termine, su cui stiamo accelerando come sulle rinnovabili. Distinguiamo dunque un’azione di brevissimo termine, necessaria per assicurare le forniture regolari di gas e di altre materie prime, dal fatto che noi vogliamo procedere verso la transizione ecologica per essere più indipendenti e autonomi, e così essere meno esposti a futuri shock”.
Quindi le centrali a carbone non si riaccendono e se sarà così, solo per emergenza?
“Esattamente. Così come altri interventi emergenziali: , penso al settore dell’agricoltura e la deroga al riposo dei terreni o gli altri aspetti che riguardano gli stoccaggi del gas, di cui si è discusso nell’ultimo Consiglioeuropeo”.
Fonti alternative e progressivo abbandono del motore termico. Per la mobilità privata e pubblica quando si vedranno i veri cambiamenti?
“Il cambiamento è già in atto e in parte i cittadini lo stanno già vedendo. Le aziende del trasporto pubblico locale hanno deciso di investire su autobus ecologici, a idrogeno o elettrici. Quello che ancora non si vede è un approccio generalizzato in questa direzione e qui il PNRR fa la differenza, con migliaia di autobus ecologici che verranno acquistati e lo sviluppo di piattaforme digitali che consentono di integrare l’offerta di trasporto pubblico locale con la micromobilità, il car sharing, ecc. Analogamente, il cambiamento si vedrà con l’investimento sulle metropolitane e sulle tranvie che annunceremo tra poco con la distribuzione dei fondi della legge di bilancio, fondi che si sommano agli altri per le metropolitane nelle grandi città”.
Treni e navi a idrogeno: in quanto tempo?
“L’idrogeno per le navi non è immediatamente disponibile e per la transizione il settore marittimo si sta orientando su altro. Grazie alle banchine elettrificate le navi spegneranno i motori in porto, e si conta di sperimentare l’uso dell’ammoniaca, oltre al gas liquido come soluzione transitoria. Per i treni sperimenteremo la propulsione a idrogeno su alcune linee, ma nel frattempo il settore sta camminando molto rapidamente sull’ibrido (diesel, batterie, elettrico), e Trenitalia sta già acquistando questi nuovi mezzi. Ma l’idrogeno che vogliamo usare nelle ferrovie deve essere green, cioè prodotto con energia elettrica da fonte rinnovabile, il che richiede produzione e stoccaggio vicino agli impianti. È un sistema complesso”.
Non basta cambiare solo le fonti energetiche. La vera transizione passa per un diverso modello produttivo e di sviluppo?
“È evidente che la transizione ecologica e digitale, per favorire un’economia sostenibile da tutti i punti di vista, richieda un profondo cambiamento del sistema socio-economico. Questo passa per le nuove tecnologie, per comportamenti diversi e per politiche pubbliche orientate in questa direzione. La buona notizia è che anche il settore privato sta facendo fortissimi investimenti verso la transizione ecologica e digitale, con un’attenzione al rispetto dell’ambiente sempre più generalizzata. Pensiamo alle aziende di trasporto merci che per l’ultimo miglio hanno deciso di passare alle motorizzazioni elettriche. Sono scelte importanti perché le risorse pubbliche da sole non basterebbero a completare la transizione e la collaborazione con il privato è necessaria per la trasformazione di cui stiamo parlando”.