Bruxelles – Stretta contro greenwashing, obsolescenza programmata e informazioni ingannevoli a livello ambientale. All’interno del più ampio quadro del pacchetto sull’economia circolare presentato oggi (mercoledì 30 marzo), la Commissione UE ha proposto le linee-guida per l’aggiornamento delle regole sulla durata, la riparabilità e la sostenibilità dei prodotti, a tutela dei consumatori e della transizione verde, mettendo al centro il diritto di “fare scelte informate e rispettose dell’ambiente” al momento dell’acquisto di un bene di consumo.
Come si legge nel testo della prima proposta di direttiva, al consumatore deve essere data la possibilità di sapere “per quanto tempo un prodotto è progettato per durare e come, se mai, può essere riparato“, attraverso informazioni che possono essere fornite a discrezione di produttori e venditori sulla confezione del prodotto o su un sito web, ma comunque sempre “prima dell’acquisto e in modo chiaro e comprensibile”. L’esecutivo comunitario specifica che “se il produttore di un bene di consumo offre una garanzia commerciale di durata superiore a due anni, il venditore deve fornire questa informazione al consumatore”, mentre, nel caso di beni energivori, questo vale “anche quando il produttore non ha comunicato una garanzia commerciale di durata”. Sul piano delle riparazioni, devono essere fornite specifiche “pertinenti”, come il punteggio di riparabilità, la disponibilità di pezzi di ricambio, il manuale di riparazione e gli aggiornamenti del software, nel caso di dispositivi intelligenti e contenuti digitali.
Ampio lo spazio riservato dalla Commissione UE alla lotta contro le “pratiche commerciali sleali”, come l’ecologismo di facciata e le informazioni ingannevoli sulla sostenibilità dei prodotti. A questo proposito, la seconda proposta di direttiva amplia la lista delle caratteristiche su cui un commerciante non può ingannare i consumatori, per coprire l’impatto ambientale e sociale, la durata e la riparabilità dei beni: in particolare sono state inserite le dichiarazioni ambientali “senza impegni e obiettivi chiari, oggettivi e verificabili, e senza un sistema di monitoraggio indipendente”. Non potranno più essere utilizzate affermazioni ambientali generiche come “ecologico”, “eco” o “verde”, che “suggeriscono erroneamente o creano l’impressione di eccellenti prestazioni ambientali” quando non possono essere dimostrate, oppure estendere l’affermazione all’intero prodotto, quando in realtà riguarda uno solo dei suoi aspetti. Allo stesso modo, non potranno essere esposte etichette di “sostenibilità volontaria” che non siano certificate da autorità pubbliche o indipendenti.
Sul piano dell’obsolescenza programmata, il consumatore non potrà essere tenuto all’oscuro di software che fermano o declassano la funzionalità del prodotto dopo un determinato periodo di tempo, ma nemmeno delle limitazioni quando si utilizzano pezzi di ricambio o accessori non forniti dal produttore originale. La proposta della Commissione sulla sostenibilità dei prodotti dovrà essere ora discussa dal Consiglio dell’UE e dal Parlamento Europeo e, una volta adottate e recepite le due direttive nella legislazione nazionale di ciascuno Stato membro, i consumatori avranno diritto a rimedi in caso di violazioni. “Se non iniziamo a consumare in modo più sostenibile, non raggiungeremo gli obiettivi del Green Deal europeo”, ha avvertito il commissario per la Giustizia, Didier Reynders. Mentre “la maggior parte dei consumatori sono disposti a contribuire”, il problema sta a monte: “Abbiamo anche visto un aumento del greenwashing e delle pratiche di obsolescenza precoce”, ha attaccato il commissario, sottolineando il diritto a un’informazione corretta per fare scelte sostenibili: “Serve protezione contro le pratiche commerciali sleali che abusano dell’interesse a comprare verde“.