Di Dario Borriello
Roma – La transizione ecologica è un punto cruciale anche per gli allevamenti e nelle fattorie europee. Il tema è stato approfondito all’evento dal titolo ‘Nuova Pac, quale futuro per l’agroalimentare europeo?’, organizzato a Roma da Eunews e Hub, per accendere i riflettori su come l’Unione europea stia puntando a rivoluzionare il settore della zootecnia per renderlo più sostenibile e ridurne l’impatto sulla natura. Dall’introduzione di additivi nei mangimi per ridurre le emissioni di Co2 prodotta dall’allevamento di bovini, alla riduzione dell’uso di prodotti fitosanitari, l’Europa punta a rivoluzionare l’agricoltura: l’obiettivo è arrivare ad allevamenti meno intensivi, incentivare il biologico in agricoltura e un uso meno impattante della chimica.
La nuova cornice è sostenibile per gli allevatori e agricoltori europei? Come coniugare la necessaria tutela dell’ambiente con l’esigenza di preservare l’economia dei comparti agricolo e zootecnico, messi a dura prova anche dalle ripercussioni della crisi energetica in atto? Sono le domande a cui hanno risposto i relatori dell’incontro. “Condividiamo il percorso di sostenibilità intrapreso dall’Europa, ma non gli obiettivi qualitativi che sono stati posti”, ha spiegato il presidente di Federchimica Agrofarma, Alberto Ancora. “Rinunciare ai fitofarmaci e quindi all’innovazione non aiuta l’agricoltura in un momento di crisi come quello che stiamo vivendo. Al contrario questa dovrebbe essere la risposta”, ha aggiunto. Per Ancora ha poi chiarito il suo punto di vista: “Non è la riduzione degli input chimici e l’accesso all’innovazione la strada da seguire, anzi, l’agricoltore deve poter contare sulla chimica e sul biologico senza contrapposizione ideologica”.
Nel dibattito si è discusso anche delle possibilità che offre il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Per Alessandro Monteleone, direttore di ricerca del Crea-Pb, “il Pnrr italiano ruota interno alla transizione verde e digitale come leve, non come vincoli per le imprese”, chiarendo uno dei punti che ha alimentato il dibattito in modo anche molto acceso negli ultimi mesi. Il professore ordinario di Etica e sostenibilità delle produzioni animali presso l’università di Sassari e presidente dell’associazione Carni sostenibili, Giuseppe Pulina, invece, ha puntato i riflettori su un altro argomento: “Non vogliamo che si svaluti il patrimonio zootecnico europeo, perché può dare benefici a livello di sostenibilità”, ha detto intervenendo al convegno.
Non è mancata la voce della politica, per provare a dare risposte agli interrogativi. “Lo scenario di crisi era prevedibile, la responsabilità va ricercata in una strategia che ci era pervenuta da decenni. L’agricoltura è stata considerata troppo a lungo un settore secondario, ma dalla pandemia ha dimostrato la sua centralità”, ha affermato Salvatore De Meo, europarlamentare del Partito popolare europeo (in quota Forza Italia) e membro della commissione Agricoltura dell’Europarlamento. “Il rischio – ha aggiunto – è che uno strumento di rilancio per gli agricoltori e gli allevatori possa trasformarsi in un ulteriore onere che lasci indietro molte aziende”. Pensiero che non allineato ma non distante da quello espresso dalla senatrice M5S, Gisella Naturale, membro della commissione Agricoltura e produzione agroalimentare di Palazzo Madama: “Dobbiamo puntare su forme energetiche che possano alleggerire l’attività di impresa zootecnica e che puntino a un circolo virtuoso”. Il tema, dunque, resta in primo piano: perché la transizione è un traguardo da non farsi sfuggire.