Il drammatico rincaro del prezzo dell’energia (elettricità e gas) colpisce profondamente l’economia del Paese, impoverendo famiglie ed imprese.
La causa dei rincari è essenzialmente geopolitica, legata all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, alle sanzioni contro Mosca e alle conseguenti gravi incertezze sull’approvvigionamento di gas da quel paese nei mesi e anni futuri.
Il paradosso è che in questo momento non vi è un vero shortage di energia. Anzi da quando è iniziata la guerra i russi pompano nei tubi ancora più gas di quanto ne mandassero prima. Con questi prezzi così alti, con la vendita del gas ci finanziano la guerra: ogni giorno hanno ricavi che, a seconda del prezzo, oscillano tra i 600 milioni e il miliardo di dollari.
Ma se non c’è carenza di disponibilità fisica, perché aumentano così significativamente i prezzi?
Ancora una volta questa situazione è causata dalla fortissima finanziarizzazione anche del mercato del gas. Sul mercato del gas europeo accanto alle grandi utilities e ai gruppi industriali operano fondi di investimento, specie americani, e banche d’affari che alla sempiterna ricerca di rendimento per i capitali investiti speculano anche su questa commodity. In più nella grave situazione di incertezza creata dalla guerra i traders sono corsi a coprirsi contro possibili nuovi rincari, e ciò ha determinato fortissime tensioni sui prezzi.
L’Europa pare indifesa e travolta dalle dimensioni finanziarie gigantesche dei mercati dell’energia, incapace di affrontare strutturalmente il problema e di ripensare un assetto che, pur salvaguardando il mercato e i suoi fondamentali, lo protegga dagli eccessi e dalle perversioni finanziarie.
Si fanno tanti discorsi, e anche molta ideologia e retorica, sulla transizione energetica; nessun concreto ragionamento sulla finanziarizzazione estrema dei mercati, e anche del green, con la sua tendenziale ingovernabilità.
Si pensi che nonostante la richiesta formulata da tempo da parte degli industriali europei non si è riusciti a cacciar fuori la speculazione finanziaria neanche da un piccolo mercato come è in fondo quello delle CO2 nato per gli industriali e per le utilities, ed invaso oggi da fondi e banche d’affari che speculano a loro piacimento.
Ci troviamo quindi in una situazione che non è eccessivo definire fuori controllo.
Particolarmente colpiti sono Germania, Austria e Italia e cioè i paesi più dipendenti dal gas russo, che stanno già operando intensamente per una diversificazione delle fonti e per un’accelerazione del processo di transizione ecologica legato alle energie rinnovabili. Entrambe le cose richiedono tempo e ciò significa che il rincaro del prezzo dell’energia è destinato a durare, magari non ai livelli assurdi raggiunti nelle ultime settimane ma strutturalmente più elevati rispetto al passato.
In questo contesto sono necessari interventi di sostegno a famiglie e imprese. Le famiglie fanno i conti con rincari delle bollette insostenibili per molti bilanci famigliari e riducono drasticamente tutti gli altri consumi per far fronte al rincaro dell’energia. Le imprese, specie quelle energivore, rischiano di fermare le loro produzioni perché ormai realizzate a costi così elevati da generare perdite importanti.
Entrambe le cose, riduzione dei consumi e perdite di produzione, configurano una situazione di forte rallentamento dell’economia che rischia di sfociare in recessione.
Famiglie e imprese si rivolgono naturalmente al Governo per chiedere sostegni; e sostegni ne sono venuti, negli ultimi mesi, in maniera importante se è vero che finora quasi 17 miliardi di euro sono stati impegnati in questo sforzo, e tutti finanziati in deficit.
Nell’ultimo decreto del Governo c’è la conferma di importanti sconti per le imprese sia sul prezzo dell’energia elettrica che sul prezzo del gas per il primo semestre 2022. Certo occorre mettere mano anche a provvedimenti strutturali ma per questi bisogna essere consapevoli che ci sono seri problemi di copertura.
Draghi ha sostenuto, comprensibilmente, che il ricorso al deficit non è più possibile e che d’ora in avanti è necessario mettere in campo, come fu per la pandemia di Covid, misure europee che sostengano gli Stati e che consentano loro di proseguire nel sostegno di famiglie e imprese.
Ciò che è ancora possibile fare da soli, senza il ricorso ai fondi europei, va finanziato o con l’extragettito Iva (interventi sulle famiglie e sconto temporaneo della benzina) o con una tassa sugli extra profitti delle imprese operanti nel comparto dell’energia, che hanno tratto vantaggi significativi dal rincaro della stessa; questa super tassa in definitiva appare essere un contributo di solidarietà che le imprese energetiche, che hanno tratto vantaggi cospicui dalla situazione, versano a tutte le altre imprese che soffrono tanto per il caro energia.
Il principio è giusto e va accettato. Se ci sono imperfezioni tecniche nella formulazione della norma, e probabilmente ci sono, possono essere corrette dal Parlamento in sede di conversione.
Perché non immaginare, ad esempio, una semplice addizionale all’Ires per le imprese energetiche anche per non allontanarsi troppo dai criteri della normale tassazione?
La situazione è molto difficile e i mesi che ci attendono lo saranno ancor di più.
Ciò richiede da parte di tutti grande equilibrio e amore per il Paese.
In particolare gli imprenditori che sono stati protagonisti della resistenza prima e della ripartenza poi nella crisi pandemica e che oggi soffrono enormemente per il rincaro dell’energia devono, se vogliono essere all’altezza del momento e confermarsi nel ruolo di ‘classe generale’, operare contemporaneamente nei due sensi: cercare ovviamente di proteggere le loro imprese garantendone la continuità produttiva, ma anche farsi carico dell’interesse generale esercitando il loro dovere di responsabilità sociale e di sostegno al Paese.
Pensare a sé stessi ma anche a quello che si può fare per gli altri e per il proprio Paese. Questo è l’impegno che ci viene richiesto da questi tempi difficili.
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