Bruxelles – “Non ci aspettiamo una riduzione delle forniture”, ma sul gas russo incombe l’ombra di guerra commerciale. A Vladimir Putin che ordina di pagare la risorsa in rubli, l’Europa risponde con la minaccia di mettere un tetto alla tariffe di Gazprom, come evoca l’Italia. “Un tetto ai prezzi si può mettere perché il fornitore ha un solo acquirente, che è l’Europa“, sostiene il presidente del Consiglio al termine dei lavori di un vertice dei capi di Stato e di governo protrattosi più a lungo delle attese, perché quella energetica non è questione semplice e Mario Draghi lo sa. Perché c’è fonte e fonte, e soprattutto Paese e Paese, e quindi non va ignorata “la situazione di partenza per quanto riguarda approvvigionamento e infrastrutture”, che “è molto diversa”.
Nell’Ue unita nella diversità ci sono Paesi che non dipendono quasi per nulla da carbone, gas e dipendono da soprattutto dal nucleare (il caso di Francia e Belgio), e Paesi che dipendono da petrolio e gas (come l’Italia). Poi ci sono i mercati. La Norvegia, dice, negli ultimi mesi ha registrato ricavi per 150 miliardi di dollari dall’aumento del proprio export, tanto da essere “in imbarazzo” come spiegano alcuni osservatori che raccontano come ad Oslo si stia pensando anche a “creare un fondo speciale per l’Ucraina” per redistribuire almeno un po’ di questa ricchezza inattesa. Ma non tuttio sono d’accordo. Ecco perché un tetto ai prezzi può non essere una via agevole. Ma a sentire Draghi, Gazprom è un’altra storia.
Nella non semplice ricerca di una soluzione soddisfacente per tutti, “l’importante era riuscire ad avere un risultato che non fosse divisivo”, e l’UE sembra aver salvato la faccia. “Ci sono stati passi avanti” a livello europeo, confida Draghi, “direi sulla strada verso decisioni da prendere insieme in un momento molto difficile”. Se ne ragionerà, in sede di consiglio dell’Energia., e decisioni sono attese per maggio, quando sarà pronto anche la relazione del Regolatore europeo.
Draghi assicura che come Italia “abbiamo tenuto il punto sul sostegno alle famiglie e alla imprese per mitigare gli effetti dell’aumento del gas ed elettricità, tassazione dei profitti in eccesso delle società produttrici e che commercializzano l’energia elettrica, e la possibilità di mettere un tetto al prezzo dell’energia”, soprattutto quella in arrivo dalla controllata di Mosca.
A proposito di Italia, il governo è già al lavoro a livello nazionale. In attese delle risposte europee che verranno, l’Italia si organizza per essere pronta quando arriverà il gas naturale liquefatto degli Stati Uniti. Nel Paese ci sono in funzione tre rigassificatori, “uno grande e due più piccoli”, che potrebbero non bastavano. In tal senso si colloca “la disposizione, trasmessa dal ministro Cingolani a Snam, di acquistarne due, che sono galleggianti“. In questo modo “noi contiamo di poter assorbire la quota degli Stati Uniti”. Quanto ad altre misure, “faremo il Cdm, vedremo”, ma intanto annuncia che “tra un paio di settimane saremo in grado di presentare un piano di diversificazione dettagliato”.
L’agenda tricolore corre in parallelo a quella a dodici stelle, ricca di proposte e cose da fare. “E’ stato proposto dal presidente francese Macron un fondo per l’energia e la difesa che probabilmente andrà a finanziare le infrastrutture che sono necessarie”, rivela il premier. Non c’è dubbio che il passaggio dal gas naturale della federazione russa a quello liquefatto degli Stati Uniti “molti Paesi dovranno dotarsi di rigassificatori”. A questo si aggiunge “l’altra grande partita delle interconnessioni”. Un’agenda che impone riflessioni di altro tipo, e Draghi evoca la “possibilità di creare altro debito comune per far fronte alle nuove sfide, che non possono essere affrontate dai bilanci nazionali“. Un capitolo se non sul tavolo, nella stanza, dove presto o tardi si affronterà.