Bruxelles – Una crisi dopo l’altra, quella sanitaria prima e quella geo-politica poi, con tutte le ricadute del caso. L’Unione europea fa i conti con un momento storico non semplice, che rischia di far saltare buona parte delle sue politiche. I Ventisette stanno fin qui reagendo bene, dando prova di coraggio e unità. L’Europa vuole farcela e verosimilmente ce la farà, ma i modi e le tempistiche con cui ciò sarà possibile rischiano di non essere quelle preventivate. Le agende economico-finanziaria e migratoria sono già rimesse seriamente in discussione, e anche sulla transizione verde si intravedono segni di cedimento. Ecco quello che c’è in gioco e che rischia di saltare nell’agenda a dodici stelle.
Immigrazione
Il conflitto in Ucraina, e le sanzioni che ne sono derivate, hanno innescato una crisi alimentare su vasta scala. Aumento dei prezzi dei generi alimentari, scarsità dell’offerta per effetto dei divieti di esportazione. La domanda non incontra più l’offerta e questo genera incertezze soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. I ministri dell’Economia e delle finanze, in occasione dell’ultima riunione del consiglio Ecofin, non hanno nascosto che “il rischio di carestie in Africa è preoccupazione di molti Stati membri”. Un simile scenario rischia di vedere nuovi flussi di migranti mettersi in marcia per scappare dalla fame, e questo mette in discussione tutti gli sforzi dell’Unione per gli accordi con i Paesi di origine e di transito per evitare che i migranti arrivino a bussare alle porte dell’Europa. L’Investment plan per l’Africa è stato concepito per creare le condizioni economiche necessarie per indurre le popolazioni locali a non mettersi in marcia, ma di fronte alle carestie potenziali risulta difficile immaginare che le popolazioni già alle prese con la povertà restino dove sono. Questo vorrebbe dire per l’Europa dover iniziare a rifornire di cibo i Paesi terzi, a scapito dei propri approvvigionamenti e scorte alimentari.
Sul fronte interno la guerra in Ucraina ha già fatto saltare tutti i piani dell’UE in termini di richieste di asilo. Sfollati e profughi in fuga dal conflitto sono già entrati con la procedura speciale, mai utilizzata finora, che consente lo status di protezione temporanea. Vuol dire niente controlli negli hotspot (centri di accoglienza e identificazione) e niente procedure burocratiche. Un dispositivo che nei fatti scardina le politiche più restrittive dei Ventisette e aggira il regolamento di Dublino. Il dispositivo normativo che regola il sistema di asilo vuole che sia lo Stato membro di primo ingresso a farsi carico dei migranti, mentre nel caso specifico i governi procedono alla redistribuzione automatica degli ucraini.
Patto di stabilità
La Commissione ha chiarito che le regole sul deficit e sul debito non si rivedranno. Le soglie massime del 3 per cento nel rapporto deficit/PIL e 60 per cento nel rapporto debito/PIL, comunque vada, non saranno oggetto di modifica. Una scelta che solo in parte si spiega con le ragioni politiche di accordi non semplici da trovare, ma che affonda nella questione giuridica. Le soglie del patto di stabilità derivano dal Trattato di Maastricht, che già conteneva le citate soglie. Rivedere i trattati vuol dire riaprire un tavolo complesso, che richiede l’unanimità, e che rischia di creare divisioni che l’Unione in questo momento non si può permettere. Inoltre le regole di deficit e debito sono traslate anche nel trattato di bilancio europeo, o fiscal compact, quindi la riscrittura del patto di stabilità implica dover riscrivere altri due trattati.
Una via lunga, tortuosa, che l’UE anche volendo non è in grado, con la crisi in corso, di intraprendere. Il patto di stabilità è congelato ormai da due anni, e l’intenzione era quello di riportarlo in vigore al termine della crisi sanitaria, a cui si è aggiunta una nuova crisi, imprevista, che ora rimette tutto in discussione e che di fatto rischia di far saltare ulteriormente le regole di bilancio. Il patto di bilancio nei fatti è già saltato, e con esso anche le strategie per la sostenibilità economico-finanziaria dei Paesi UE e dell’eurozona.
In prospettiva la situazione rischia di non tornare alla normalità. Il debito dei Paesi aumenta sempre di più, e l’Europa rischia di dover convivere per molti anni con il fardello di squilibri macro-economici e i relativi possibili rischi contagio. Per cui le regole potrebbero restare formalmente in vigore, ma applicate in modo diverso. Dombrovskis l’ha già anticipato: “La questione è a quale velocità si ridurrà il debito”.
Regole sugli aiuti di Stato
Altro ambito completamente stravolto quello del mercato unico, il suo funzionamento, e il ruolo giocato dai governi. La Commissione europea, sulla scia della pandemia, aveva concesso un ammorbidimento delle regole sugli aiuti di Stato. E’ stato permesso l’intervento pubblico a sostegno delle compagnie private. Come per le regole di bilancio, anche qui l’idea era di tornare ad applicare le norme in materia di concorrenza alla fine dell’epidemia. Ma poi si è aggiunta la guerra in Ucraina, con, tra le altre cose, lo scoppio dei prezzi dell’energia. Un evento che ha indotto a considerare nuove, ulteriori agevolazioni. Le norme in materia di mercato, già saltate, continuano a saltare.
Transizione sostenibile
Green economy, economia sostenibile, ‘Fit for 55’. Comunque la si voglia definire, con nome di strategie politica o di pacchetti politici specifici, la politica verde dell’Europa ancora non è a rischio ma sembra scricchiolare. In tempi di incertezza sostenere la transizione sostenibile resta la via maestra, su questo l’Europa degli Stati e delle istituzioni comunitaria marcia compatta. Ma smarcarsi dal fornitore energetico russo e far fronte al rincaro delle bollette per famiglie e imprese implica scelte contraddittorie. Frans Timmermans, che del Green Deal è responsabile, ha aperto al prolungamento del ricorso al carbone, fonte tra le più inquinanti e ad elevata emissione di CO2.