Roma – L’Europa dà un miliardo di euro ogni giorno alla Russia per il gas, ma ci si può affrancare. Con il tempo dovuto. Non è solo un problema di dipendenza, “questo ha implicazioni che vanno oltre il settore energetico”, in pratica significa che stiamo indirettamente finanziando la guerra. Il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani apre una breve ma significativa parentesi quando snocciola i dati che hanno portato al rincaro delle fonti fossili e le conseguenze dal conflitto in Ucraina.
I numeri da cui partire sono chiari: i flussi di gas dalla Russia sono aumentati in dieci anni da 21 agli attuali 29 miliardi di metri cubi l’anno pari a circa il 40 per cento dei volumi importati. Ciò avviene a consumi sostanzialmente invariati e per Cingolani le soluzioni per limitare questa dipendenza nel breve e medio termine, ci sono, tanto da garantire una ragionevole sicurezza energetica anche in previsione del prossimo inverno.
“Dal punto di vista delle infrastrutture, l’Italia dispone di un sistema per l’approvvigionamento e il trasporto diversificato abbastanza resiliente” ha spiegato, anche se dal punto di vista del costo “per far fronte gli stoccaggi al prezzo attuale di un euro e mezzo per metro cubo, ci servirebbero 15 miliardi di euro”. Il ministro torna sulla polemica nata dalle sue dichiarazioni su possibili speculazioni, “forse un’affermazione un po’ dura ma non è possibile che oggi il gas costi cinque volte di più”. Sappiamo che gli hub non lavorano sulla materia prodotta ma sugli scambi” e altri meccanismi di mercato ma questo fenomeno sta causando problemi non solo in Italia ma in tutta Europa”.
“Se l’Europa adottasse il ‘price cap’ sarebbe una grande notizia”, una proposta che Draghi e Cingolani hanno portato nei recenti incontri a Bruxelles con Ursula von der Leyen e che porterebbe benefici non solo ai consumatori ma avrebbe effetti anche sui prezzi del mercato elettrico all’ingrosso. Al price cap andrebbe aggiunto “lo sganciamento del prezzo dell’elettricità dal prezzo del gas”. Un tetto al prezzo andrebbe ovviamente negoziato, tuttavia ha ricordato che “l’Europa compra i tre quarti del gas mondiale in tubazione”, un rapporto domanda e offerta che è possibile fare pesare anche considerando che le alternative per la Russia (con il dirottamento dei volumi verso la Cina) non sono praticabili nell’immediato a causa di infrastrutture insufficienti.
Cingolani ha poi ricordato le altre proposte avanzate in sede europea e le misure possibili indicate nel pacchetto REPowerEU. Tra queste la possibilità di “mitigare l’impatto sui prezzi delle utenze residenziali e per le piccole e medie imprese”, un’ulteriore riflessione sulle regole per gli aiuti di Stato “per far fronte agli elevati costi energetici delle imprese” e l’intervento sulla “tassazione di extraprofitti per finanziare le misure di supporto.
Nell’immediato, il governo lavora alla diversificazione delle rotte e aumento dei volumi da Algeria, Libia e Azerbaijan attraverso i tre gasdotti TransMed, GreenStream e il Tap. In parallelo, l’incremento delle capacità di lavorazione dei gassificatori e portarli a pieno regime per arrivare a stoccaggi fino al 90 per cento come stabilito dal governo nell’ultimo decreto. In prospettiva c’è poi un intervento di potenziamento con nuovi impianti galleggianti per i quali però i tempi sono più lunghi, almeno un anno e mezzo.
Sull’esplosione dei prezzi dei carburanti, Il governo che interverrà già nel prossimo Consiglio dei ministri sull’Accisa mobile, da agganciare al maggiore gettito dell’Iva per coprire riduzioni di prezzo alla pompa. I rincari dei carburanti da autotrazione, per Cingolani sono provocati in parte dai costi energetici sostenuti dalle raffinerie e in parte da un incremento dei costi del brent che ha toccato punte di oltre 130 dollari a barile dagli iniziali 78 dollari”. Ciò è stato provocato da un calo della disponibilità di circa l’8 per cento di prodotto come conseguenza del conflitto in corso.