Bruxelles – Il patto di stabilità nella sua versione originale non si può reintrodurre. Paolo Gentiloni frena sulle regole di bilancio, in ragiona di una guerra in Ucraina che ha rimesso tutto in discussione. “La durata della guerra non è un modello che possiamo calcolare”, riconosce il commissario per l’Economia e di conseguenza le scelte diventano un vero e proprio rebus. Per questo “tornare alle vecchie regole in un clima di simile incertezza sarebbe poco ragionevole“. Quindi, data l’attuale incertezza, “avremo bisogno di rivalutare la prevista disattivazione nel 2023 della clausola che sospende il patto sulla base delle nostre previsioni di primavera, che presenterò a metà maggio”.
Non a caso la Commissione europea non ha fornito indicazioni circa il patto ma solo delle linee guida per il 2023, e neppure i leader hanno saputo o voluto avventurarsi in un dibattito sempre scivoloso e ancor meno agevole scivoloso alla luce di rischi al ribasso. I ministri economici riuniti a Bruxelles per fare il punto e provare a capire come muoversi, capiscono che forse la strategia migliore e darsi prendere tempo. “L’incertezza è aumentata notevolmente”, riconoscono i 19 nella dichiarazione di fine seduta. La linea da seguire è dunque vaga. “Le nostre politiche di bilancio devono rimanere agili e flessibili e siamo pronti ad adeguare la nostra posizione politica alle mutevoli circostanze, se necessario”.
E’ presto anche per l’Eurogruppo per dire cosa ne sarà delle regole comuni. La parola d’ordine rimane “coordinamento”, ma non si aggiunge nulla di nuovo al dibattito sviluppato sin qui. O rinvio delle regole anche per il 2023, oppure modifiche delle stesse ma non si capisce ancora in che misura. Appare perciò ragionevole procedere con una “differenziazione delle strategie di bilancio tra gli Stati membri”. Vuol dire che chi ha un elevato debito, come l’Italia, dovranno sin da subito “avviare un graduale aggiustamento fiscale per ridurre il proprio debito pubblico, se le condizioni lo consentono”. Gli altri Paesi, invece, dovrebbero “dare la priorità all’espansione degli investimenti pubblici ove necessario”. Così facendo si contribuirebbe anche al “raggiungimento di una politica di bilancio aggregata equilibrata nella zona euro”.