Roma – “Allarmi grandemente esagerati, non siamo a un’economia di guerra”. La crisi energetica, le difficoltà di approvvigionamento delle materie prime e l’incertezza del momento, per il presidente del Consiglio Mario Draghi, “non vuol dire che siamo al razionamento” significano ma che “dobbiamo prepararci” senza angoscia. “Dobbiamo ri-orientare le nostre fonti di approvvigionamento e ciò significa costruire delle nuove relazioni commerciali” ha replicato il premier durante a conferenza stampa al termine del Consiglio europeo informale di Versailles. Un appunto rivolto anche ai media che in questi giorni stanno lanciando allarmi ingiustificati: “Veniamo da un anno di crescita eccezionale, siamo in grado di affrontare un rallentamento” ha spiegato “anche se la guerra aumenta le nubi su di noi”.
Dal castello alle porte di Parigi l’Europa dà prova di unità nelle sale del castello alle porte di Parigi. “Questo Consiglio europeo informale è stato veramente un successo – ha detto Draghi – raramente ho visto l’UE così compatta con uno spirito di solidarietà su tutti gli argomenti”.
Se sarà sufficiente, si vedrà, intanto le nubi prendono la forma del gas e della crisi energetica che sta mettendo in grave difficoltà pezzi rilevanti dell’industria e delle piccole e medie imprese, il tessuto connettivo della nostra economia. Sull’energia sono quattro i pilastri su cui l’Europa ha deciso di agire: diversificazione dei fornitori e delle fonti, un tetto ai prezzi del gas, sganciamento del metano dal mercato elettrico e maggiore carico fiscale sugli extra profitti delle società elettriche.
Sulla diversificazione “in Italia abbiamo già cominciato a lavorare”, ha detto il premier e la “sostituzione delle fonti fossili con le rinnovabili resta l’unica strada su cui contare nel lungo periodo”. Il tema del ‘price cap’, da praticare con acquisti condivisi, è più delicato ma su questo e sulla regolazione del mercato del gas, “la Commissione porterà una proposta al prossimo Consiglio europeo di fine marzo”. Sul maggior gettito fiscale derivante dagli extra-profitti, la cui stima è di 200 miliardi, Draghi registra la soddisfazione del “parere positivo dell’UE e di molti altri Paesi che seguiranno questa strada”.
Dal vertice di Versailles è in arrivo un quarto pacchetto di sanzioni e Draghi ammette che “possono diventare pesanti per famiglie e imprese” e che “occorrerà una convincente risposta delle politiche di bilancio se l’economia dovesse indebolirsi”. Una congiuntura che “deve prevedere una politica fiscale che continui ad essere espansiva, centrata sugli investimenti” ha spiegato, anche se l’ipotesi di un nuovo intervento di debito comune non è stata affrontata. Ma “l’agenda deve andare avanti” e il riferimento diretto è alle politiche sul clima del programma Next generation EU e il Piano nazionale di ripresa e resilienza: “Non stiamo fermi perché c’è la guerra, altrimenti mettiamo a rischio i finanziamenti di giugno e poi di dicembre”.
Sulla scena del confitto è stata confermata il supporto pieno all’Ucraina e lo strumento delle sanzioni per spingere il Cremlino al negoziato anche se Draghi si spinge a dire che “Putin non vuole la pace, il piano sembra essere un altro”.
Resta centrale tra i partner dell’Unione anche il tema dei profughi. “Abbiamo discusso di come organizzare questa accoglienza, il terzo settore è fondamentale”. “In Italia la Protezione civile che è il nostro commissario all’emergenza migrazione sta facendo un ottimo lavoro”. La dimensione di questa emergenza umanitaria cresce quotidianamente a un ritmo impressionante: “Dei 32mila rifugiati il 90 per cento sono donne e bambini”, ha detto il premier, e “bisogna avere anche dei giudici minorili per poter affrontare questo problema con umanità ma anche con professionalità”.