Bruxelles – Due giorni che politicamente hanno il valore di un gancio destro e di un montante sinistro, uno dietro l’altro. Per la Lega il ring europeo è diventato un territorio ostile, a tutti i livelli: per il leader Matteo Salvini personalmente, per gli eurodeputati italiani del gruppo Identità e Democrazia e in generale per l’immagine del partito in Italia. Dopo la maglia con la faccia di Putin sventolata in faccia al segretario leghista dal sindaco (di estrema destra) di Przemyśl, in Polonia, oggi una relazione del Parlamento Europeo ha denunciato gli accordi di cooperazione tra la Lega e il partito Russia Unita.
La relazione in questione è quella a firma Sandra Kalniete (PPE) sulle interferenze straniere nell’Unione Europea, dibattuta ieri in sessione plenaria. Il rapporto ha condannato i tentativi del Cremlino di diffondere propaganda di regime sul territorio dell’Unione attraverso gli organi di disinformazione Russia Today e Sputnik, così come i finanziamenti di movimenti che hanno appoggiato – almeno fino allo scoppio delle guerra in Ucraina – la retorica nazionalista russa. La denuncia di 552 eurodeputati (81 contro e 60 astenuti) spicca a livello nazionale se si vanno a leggere le scelte di voto degli alleati di coalizione della Lega: Forza Italia – senza sorprese – e Fratelli d’Italia hanno deciso di votare a favore della risoluzione. Gli europarlamentari che rispondono a Giorgia Meloni, che peraltro è presidente del Partito dei Conservatori e Riformisti Europei, votano contro la Lega, ma attaccano in maniera goffa la maggioranza dell’Aula, composta da forze di centrodestra, di centro e di centrosinista, definendoli tutti di sinistra: “Ci dispiace che le sinistre abbiano voluto utilizzare questa relazione per colpire avversari politici”, afferma FdI in una nota. L’astensione poteva essere un’alternativa, ma non è stata percorsa: picchiare sulla Lega in difficoltà è la strategia elettorale del partito di Meloni.
Per i suoi contatti con il partito di Putin, la Lega è tra gli attenzionati speciali, tutti della famiglia politica europea di estrema destra di Identità e Democrazia. Tra quelli che hanno firmato accordi di cooperazione ci sono l’austriaco Freiheitliche Partei Österreichs e il francese Rassemblement National, che ora “si trovano ora di fronte alle accuse dei media di accettare finanziamenti politici dalla Russia”. Ma anche il tedesco Alternative für Deutschland e l’ungherese Fidesz (del premier Viktor Orbán) sono sotto la lente di Bruxelles, insieme al partito nazionalista ungherese Jobbik e al fu Brexit Party di Nigel Farage, per i loro stretti legami con il Cremlino e per aver lavorato come “osservatori elettorali” nelle elezioni a Donetsk e Luhansk, nel Donbass ucraino separatista. L’accusa è quella di “legittimare le elezioni sponsorizzate dalla Russia”, ma per tutti e sette anche di essersi messi a disposizione della ricerca di Mosca di “partiti, personaggi e movimenti da utilizzare all’interno delle istituzioni UE per fare pressione per l’alleggerimento delle sanzioni”.
La destabilizzazione è una questione globale e coinvolge Russia, Cina “e altri regimi autoritari”, che avrebbero incanalato “più di 300 milioni di dollari in 33 Paesi” in tutto il mondo per “approfondire la frammentazione delle società, minare il discorso pubblico e la legittimità delle autorità“. Non ne sono escluse l’estrema destra statunitense, gruppi secessionisti catalani e anche la campagna Brexit Vote Leave, di cui il Cremlino è stato “il più grande donatore privato”. Le operazioni di finanziamento occulto e di riciclaggio di denaro sporco “riguardano nella metà dei casi le azioni russe in Europa” e sono indirizzate verso partiti estremisti, populisti e anti-europei, “aumentandone la portata”.
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Il voto sulla relazione che condanna le interferenze russe nell’UE arriva a un solo giorno dalla contestazione a Przemyśl, città della Polonia a pochi chilometri di distanza dal confine ucraino. Salvini si era recato “in missione” nei luoghi dove nell’ultima settimana hanno iniziato ad arrivare rifugiati in fuga dalla guerra in Ucraina. Il sindaco Wojciech Bakun (del partito della destra radicale Kukiz’15, non della “sinistra polacca” come inizialmente affermato da Salvini) davanti alle telecamere ha inizialmente ringraziato in generale l’Italia per la solidarietà dimostrata, ma poi ha mostrato una maglia con la stampa di Putin, simile a quella indossata dal leader della Lega nel 2014 a Mosca. Già nel 2011 Salvini ne aveva indossata una, diversa, in Aula del Parlamento UE a Strasburgo.
Il sindaco polacco di estrema destra non si è fatto zittire da un Salvini visibilmente irritato (più volte ha cercato di ripetere in inglese che “sono qui per aiutare i rifugiati”) e ha affermato di non poter e non voler accogliere il numero uno della Lega, invitandolo piuttosto ad andare al confine con l’Ucraina per condannare Putin e la sua invasione di uno Stato indipendente e sovrano. Dopo essersi allontanato, Salvini è stato poi contestato duramente dal fotografo free-lance Sergio Ferri e il video pubblicato su Twitter è stato condiviso da migliaia di utenti. Dal confine ucraino alla plenaria del Parlamento Europeo, per la Lega di Salvini sta diventando sempre più impossibile condannare l’aggressione dell’Ucraina e tacere il nome del mandante fino a poche settimane fa tanto apprezzato, Vladimir Putin. Anche la destra, italiana ed europea, se ne è accorta.