Roma – Le conseguenze del conflitto, l’accoglienza dei rifugiati, la crisi energetica e le ricadute sull’economia delle sanzioni alla Russia. Alla Camera dei deputati Mario Draghi replica a tutto campo sulla guerra che sta mettendo a dura prova i governi nazionali e “impone scelte non rinviabili” come aveva già sostenuto solo pochi giorni fa. Rispondendo al ‘Question time’ alla vigilia del vertice di Versailles, ha spiegato che “il conflitto sta generando una crisi umanitaria senza precedenti del Dopoguerra” a cui l’Ue ha subito reagito con l’applicazione per la prima volta della direttiva del 2001 sulla protezione temporanea in favore dei profughi ucraini.
“Solidarietà e compattezza dell’Unione: un’unità di intenti e di azioni che è indispensabile mantenere e che vede l’Italia in prima linea”. Il premier ha ricordato tutte le misure adottate dal governo, gli stanziamenti straordinari, l’incremento della rete di accoglienza estesa a tutti i rifugiati indipendentemente dai requisiti, il rafforzamento dell’assistenza sanitaria. I dati degli arrivi danno l’idea del dramma: “All’otto marzo risultavano giunti nel territorio nazionale 21.095 cittadini ucraini, oggi i dati sono di 23.872. Oltre il 90 per cento è costituito da donne e bambini”.
Chiamato in causa sulla crisi energetica e la necessità di trovare soluzioni alternative alla dipendenza dal gas russo, ha spiegato che “Il Governo è al lavoro al lavoro per ridurla in tempi rapidi. Questa è aumentata anche ultimi dieci anni (anche dopo l’annessione della Crimea e la rivolta nel Donbass ndr) e questo mostra non solo una sottovalutazione del problema energetico, ma anche una sottovalutazione di politica internazionale”. Le scelte da adottare rapidamente puntano alla diversificazione delle fonti, all’aumento della produzione nazionale e l’incremento della capacità di rigassificazione anche con nuovi impianti.
Tuttavia, ha voluto ribadire che “il gas è solo la transizione mentre il contributo delle fonti rinnovabili resta fondamentale nel lungo periodo”. Un aspetto su cui il premier ha insistito ripetutamente ricordando che la sicurezza energetica non sarà raggiungibile “senza una profonda semplificazione burocratica relativa ai nostri obiettivi di aumento di produzione delle rinnovabili”. Le autorizzazioni “rappresentano un grosso ostacolo” per il raggiungimento degli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza “e se non lo superiamo non andiamo da nessuna parte”. Sbloccare gli impianti il monito rivolto soprattutto alle Regioni: “Certe autorizzazioni erano giustificate in un contesto normale ma non lo sono più in emergenza. La transizione è anche riuscire a capire che bisogna sospendere certe norme in un periodo di guerra”.
L’emergenza, richiamata anche sulle misure economiche necessarie per contrastare ‘l’uno-due’ causato dall’effetto combinato della pandemia e del conflitto in corso. Sulle sanzioni “non abbiamo intenzione di derogare, non dureranno poco” ha ammesso, perciò “dobbiamo renderle sostenibili”. “Seguiamo con grande attenzione gli effetti della crisi, siamo già intervenuti e continueremo a farlo per difendere il potere d’acquisto delle famiglie e la competitività delle nostre imprese”. Sulla possibilità di rivedere gli obiettivi del PNRR, ha spiegato che si tratta di “un’evenienza eccezionale che richiede un nuovo processo negoziale con le autorità europee e che ancora prematuro prospettare in questa fase”. Il premier non nega un possibile impatto del conflitto sulla realizzazione degli interventi previsti dal Piano, e non esclude una valutazione sui rischi e con la possibilità di prendere nuovi provvedimenti, come nel caso dei costi dell’energia e delle materie prime.
Draghi infine affronta il tema delle regole UE: “Ho detto molto tempo prima della crisi in Ucraina, che queste regole di bilancio erano in generale inadeguate. Questa considerazione vale ancora di più oggi”. Una linea di cautela sostenuta dall’Italia, sulla quale “si comincia ad avere più consapevolezza”. Le priorità strategiche delle Unione Europea, clima, energia, difesa, per il premier italiano impongono di “ripensare lo schema generale delle regole di bilancio che devono riflettere questa nuova visione”.