Bruxelles – Di fronte alla crescente preoccupazione per la guerra russa in Ucraina e l’impatto sui mercati agricoli dell’UE, tornano a farsi sentire le critiche verso la strategia europea per l’agroalimentare Farm to Fork, accusata fin dalla sua presentazione nel 2020 di contribuire a un calo della produzione. La Commissione Europea dovrebbe “fare un bilancio sulle due strategie per la filiera agroalimentare (Farm to Fork) e Biodiversità” le due costole agricole del Green Deal e “ripensarle alla luce della guerra russa in Ucraina”, che rischia di avere “gravi ripercussioni” sui mercati agricoli europei”. E’ quanto ha chiesto ieri (7 marzo) in una nota il think tank di Bruxelles Farm Europe, dedicato alla filiera agroalimentare, ricordando che l’Ucraina e la Russia sono i primi esportatori mondiali di cereali – grano, mais, girasole – e la guerra “sta bloccando le esportazioni dal Mar Nero, dove oltre 10 milioni di tonnellate di grano non possono più alimentare i mercati mondiali”.
L’UE ha stimato che Ucraina e Russia rappresentano circa il 30 per cento del commercio mondiale di grano, il 32 per cento di orzo, il 17 per cento di mais e oltre il 50 per cento di olio di girasole e semi. La forte dipendenza che anche l’UE ha dalle materie prime che vengono prodotte in queste aree potrebbe portare a “gravi conseguenze” per il settore agroalimentare dell’UE e anche sul commercio di prodotti animali, in particolare carne di maiale e di pollame. E in un momento in cui le importazioni di materie prime rischiano di crollare, “la priorità delle istituzioni di Bruxelles deve essere il raggiungimento della sovranità alimentare con conseguente riduzione della dipendenza di materie prime provenienti da Mosca”. Mentre la Farm to Fork rischia di andare contro questo questi obiettivi.
Secondo l’istituto di ricerca, le proposte della Commissione UE sulle strategie Farm to Fork e Biodiversità invece “vanno frontalmente contro la nostra sovranità alimentare e la sicurezza alimentare mondiale“, avvertono. Citano vari studi e analisi fatte sulle proposte, “compreso quello fatto dalla Commissione stessa” che di fatto mostrano che potrebbe verificarsi un calo di produzione in alcuni settori chiave e che sono oggi sotto pressione per via della guerra. Cereali, semi oleosi, carne bovina, vacche da latte, ma anche maiale e nel pollame. Gli effetti dell’invasione russa “si fanno già sentire, dato che i prezzi del grano raggiungono livelli sempre più alti”. Per il think tank, la guerra in atto deve portare a un campanello d’allarme per l’UE e invertire la rotta tanto sull’indipendenza energetica quanto su quella alimentare, che “sono pilastri strategici cruciali”.
Per questo “l’UE non dovrebbe perseguire una politica che riduce la sua produzione agricola quando la globalizzazione e la sicurezza degli approvvigionamenti sono sfidate, e la domanda mondiale di cibo e mangimi sta aumentando con l’aumento della popolazione mondiale”, avverte il think tank, per il quale è “giunto il momento che la Commissione riveda le sue proposte”. Sul tema è intervenuto ieri il vicepresidente esecutivo per il Green Deal in un confronto con gli eurodeputati della commissione per l’ambiente e la salute (ENVI) a margine della plenaria di Strasburgo. “Non possiamo cadere nella convinzione che sia necessario interrompere il processo per rendere la produzione più sostenibile attraverso la strategia Farm to Fork”, che tra le altre cose ha fissato l’obiettivo di una riduzione del 50 per cento dell’uso e del rischio di pesticidi, una riduzione di almeno il 20 per cento dell’uso di fertilizzanti, e promuovere modi alternativi per proteggere i raccolti da parassiti e malattie. Secondo Timmermans bisogna in primis “ridurre la nostra dipendenza da materie prime provenienti da fuori UE, comprese Russia e Bielorussia” così da evitare di essere messi sotto pressione come nel caso del gas. Per il vicepresidente Farm to Fork è “parte della soluzione, non del problema”, come anche l’intero Green Deal e l’energia auto-prodotta è la chiave per affrancarsi dalla Russia.