Bruxelles – Prima della Brexit il Regno Unito non ha controllato come avrebbe dovuto le pratiche commerciali sleali della Cina. Non ha rispettato i propri obblighi relativi al controllo doganale delle merci lasciando un buco nelle casse dell’UE di miliardi di euro. Il legame tra Londra e l’Unione europea si fa ancora più burrascoso alla luce della sentenza della Corte di giustizia dell’UE che condanna l’ormai ex Stato membro per le inadempienze di quando ancora faceva parte del club a dodici stelle. Si contesta di non aver condotto i controlli necessari per fermare l’invasione di prodotti tessili e calzature ‘made in China’, “non applicando misure di controllo doganale efficaci o non contabilizzando gli importi corretti dei dazi doganali”.
Londra ha violato una direttiva e anche il trattato sul funzionamento dell’UE. Accadde prima della Brexit, quando anche oltre Manica c’erano obblighi comuni. Non è chiaro quanto ciò abbia influito sul funzionamento dell’Unione, nella misura in cui i giudici di Lussemburgo bocciano il modo in cui la Commissione ha calcolato i mancati introiti. I dazi commerciali sono tutte risorse proprie dell’UE, vale a dire che i crediti riscossi vengono riversati nella casse della Commissione. L’esecutivo comunitario contesta le attività condotte tra il 2011 e il 2014, e stima un ammanco di 2.679.637.088 euro. La Corte precisa che in linea di principio che “è consentito” un calcolo statistico al posto di un metodo volto a determinare il valore in dogana delle merci interessate sulla base di prove dirette. Ma nel caso specifico non accettano la posizione di Bruxelles.
Il Regno Unito ha sbagliato e quindi dovrà pagare. Quanto non è chiaro, perché la Commissione dovrà procedere a ricalcolare l’ammanco. Solo allora si potrà presentare il conto a Londra. Inchiodata però alle proprie responsabilità. Ad ogni modo il conto non sembra essere economico, e sullo sfondo c’è un nuovo motivo di contrapposizione con Londra.