Bruxelles – La guerra russa in Ucraina fa cadere ogni tabù sul ruolo del carbone nella transizione verde dell’UE. “Non credo che sia impossibile saltare il ruolo intermedio del gas naturale nella transizione verde, nel passaggio dal carbone alle energie rinnovabili”, ha spiegato ieri sera (7 marzo) il vicepresidente esecutivo per il Green Deal Frans Timmermans, in audizione a Strasburgo con i deputati della commissione Ambiente, salute pubblica, sicurezza alimentare (ENVI) del Parlamento Europeo sulla crisi energetica connessa all’invasione russa in Ucraina.
Molti Stati membri, come l’Italia, hanno inserito il gas nei loro piani di transizione per decarbonizzare le proprie economie, passando dal carbone, al gas per poi approdare a un mix energetico quasi pienamente rinnovabile al 2050. Facile a dirsi, più difficile a farsi. Anche di più da quando la guerra in Ucraina spinge Bruxelles a ripensare il suo ruolo di maggiore cliente di Mosca per il gas (ma anche per il petrolio e altri combustibili fossili) con cui indirettamente finanzia anche la guerra di Putin ai danni del popolo ucraino. E’ chiaro che alla luce di queste considerazioni anche i piani per la decarbonizzazione dell’UE vadano ripensati, facendo meno ricorso possibile al gas naturale (per il 90 per cento importato e per il 40 per cento importato proprio dalla Russia).
“Non credo sia impossibile evitare questo passaggio”, ha spiegato Timmermans incalzato dai deputati. E’ possibile farlo in primis aumentando l’ambizione (quindi accelerando i tempi) “sull’energia prodotta da fonti rinnovabili” e prolungando anche “di poco l’uso delle centrali a carbone”, così da restringere il tempo e lo spazio riservato al gas nella transizione. “Non c’è alcun tabù” da parte della Commissione “nelle scelte che gli Stati membri possono fare” nel loro mix energetico per superare la dipendenza energetica dal gas russo, ad esempio l’energia elettrica prodotta da impianti nucleari o dalle centrali a carbone, ha assicurato Timmermans. Giorni fa avevano fatto discutere le parole del premier italiano Mario Draghi in una informativa alla Camera sulla necessità di una riapertura temporanea delle centrali a carbone, per colmare eventuali mancanze di gas nell’immediato.
L’importante – ha messo in chiaro Timmermans – è che resti al centro l’obiettivo della neutralità climatica al 2050 (che significa trovare un equilibrio tra emissioni prodotte ed emissioni compensate, in modo che ci siano zero nuove emissioni nette) e che siano accelerati i piani per le rinnovabili. Il che “non significa che (gli Stati) non sono responsabili giuridicamente di ottenere il taglio delle emissioni di CO2 del 55 per cento entro il 2030 e zero nuove emissioni nel 2050″, ha precisato Timmermans, come sottoscritto e reso giuridicamente vincolante dalla prima Legge europea sul clima. Ma è una scelta che “sta agli Stati membri quella di decidere se mantenere più a lungo il nucleare o il carbone, però compensando con l’introduzione più rapida delle rinnovabili”.
Le parole di Timmermans sarebbero state impensabili fino a un mese fa, ma è lui stesso ad ammettere gravemente che “le cose sono cambiate in maniera sostanziale rispetto a prima” e l’Europa “non sarà più la stessa”. L’unico modo che l’Unione Europea ha per non essere messa sotto pressione da Putin è quello di smettere di comprare da Mosca “le nostre risorse energetiche essenziali, bisogna accelerare la transizione e produrre la nostra energia”. Esorta quindi i governi a puntare di più su energia eolica offshore, solare, idrogeno, biometano e anche chiaramente a “diversificare i fornitori per tutto il tempo in cui ci servirà ancora il gas. Dobbiamo accelerare gli investimenti in modo che l’energia consumata sia notevolmente abbattuta”, ha aggiunto.
Nello stesso modo in cui la questione si era proposta durante la crisi COVID-19, anche oggi cominciano a levarsi le prime critiche sui piani europei per il Green Deal. I prezzi alti del gas e dell’elettricità (i prezzi alti delle bollette di famiglie ma soprattutto imprese) sono fonte di preoccupazione e c’è che sostiene che la transizione debba passare in secondo piano. “Sarebbe un errore pensare che Green Deal e il Fit for 55 siano diventati meno urgenti, sono più urgenti perché non possiamo più essere dipendenti dal gas russo che crea chiaramente dei vincoli”, ha detto il vice presidente. “Il Green Deal ha offerto alcune delle risposte fondamentali di cui bisogno per rispondere alla sfida” di “rendere la nostra economia più resiliente e sostenibile e per utilizzare le opportunità della rivoluzione digitale”.
Questo pomeriggio la Commissione Europea presenterà la sua comunicazione per l’energia che andrà a completare il pacchetto di misure contro il caro energia pubblicato a metà ottobre. Se prima l’idea era quella di presentare un piano contro il rialzo dei prezzi di gas ed elettricità, oggi il tema è ridurre la dipendenza dal gas di Mosca. I tre pilastri della comunicazione sono stati anticipati ieri dalla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, in un punto stampa che ha anticipato l’incontro con il premier Draghi: il piano contro la dipendenza energetica da Mosca si fonderà sulla “diversificazione delle forniture rispetto alla Russia e verso fornitori affidabili”, che comporterà la costruzione di nuovi rigassificatori (perché l’UE oggi sta aumentando le forniture di gas naturale liquefatto ma ha bisogno di rigassificatori per rigassificare il gas) e gasdotti, sugli “investimenti massicci in solare, eolico e idrogeno” e sull’efficienza energetica, che nei fatti significa abbattere il consumo di energia. Come scrivevamo settimana scorsa, la comunicazione conterrà una proposta per avere gli stoccaggi di gas pieni tra l’80 e il 90 per cento prima dell’inverno, come ha confermato ieri Timmermans. In modo da non arrivare alla prossima stagione invernale – quella in cui si fa più ricorso al gas per i riscaldamenti – con le riserve scariche.