Dall’inviata a Dublino – Nessuno avrebbe mai dubitato che la guerra della Russia in Ucraina sarebbe finita anche tra i temi di discussione sul futuro dell’Europa a Dublino. Nella capitale irlandese è in corso l’incontro dell’ultimo panel della Conferenza sul futuro dell’Europa: 161 cittadini in presenza e 20 online (dovrebbero essere 200, ma una ventina ha deciso di non partecipare più) scelti casualmente per discutere di economia, giustizia sociale, lavoro, istruzione, cultura, sport e trasformazione digitale, che non hanno potuto fare a meno di parlare della guerra alle porte dell’Europa che negli ultimi giorni ha scosso il continente.
“Se ne sta discutendo anche all’interno di qualche gruppo di lavoro”, ci racconta un cittadino. Arriva dalla Grecia e denuncia la reazione “troppo lenta da parte dell’Ue anche in questa crisi, che riflette di fatto la lentezza delle decisioni del Consiglio” non solo in politica estera ma anche su altri fronti “dove non va dritta al punto”. Gli Stati si muovono con le sanzioni molto spesso quando una crisi è stata già in stato avanzato “ma non fa nulla per prevenirla ed evitare di arrivare al punto di non ritorno”. Tipica reazione a posteriori da parte dell’Unione Europea. “E’ inevitabile parlarne”, aggiunge, dal momento che le forze armate russe sono arrivate a Kiev, la capitale ucraina. “Non c’è modo di tornare indietro da questo, anche le sanzioni non basteranno perché andranno a colpire la Russia economicamente ma Mosca è una potenza forte”.
L’incontro tra i cittadini è iniziato ieri mattina e durerà fino a domani, nel suggestivo castello della capitale irlandese. Al momento dell’arrivo, i cittadini sono stati invitati a fare la consueta foto di gruppo per suggellare l’incontro, mentre un fotografo ha proposto ai partecipanti di mettersi in posa con la bandiera dell’Ucraina, per manifestare solidarietà e in segno di protesta contro un’aggressione immotivata e inimmaginabile fino a poco tempo fa. Pubblicata e ripubblicata, questa foto ha in realtà una storia particolare perché non tutti i cittadini si sono trovati d’accordo nel farla e pubblicizzarla, non tanto per la causa ucraina in sé quanto per l’atteggiamento di “due pesi e due misure” imputato all’Unione Europea.
A rifiutarsi di fare la foto con la bandiera gialla e azzurra è stato un cittadino selezionato proveniente da Cipro, spalleggiato da qualche conterraneo. Ha espresso dubbi sul fatto che fossero tutti fossero d’accordo a manifestare contro una causa rappresentando i propri Paesi di origine e non chi la pensa diversamente. Per andare incontro a questa richiesta – che diversi cittadini hanno considerato un momento di polemica non necessario e fuori luogo – sono state fatte due foto diverse, una con la bandiera e una senza.
La storia è più complicata di così, per il cittadino cipriota è ingiusto il fatto che si cerchi di dimostrare solidarietà, a parole, per la situazione attuale in Ucraina mentre Cipro vive da anni una condizione di occupazione da parte della Turchia, e nessuno da parte UE si è mai fatto sentire sulla questione. Dal 1947 Cipro è divisa in due parti separate: la Repubblica di Cipro, a maggioranza greco-cipriota e riconosciuta internazionalmente come unico governo legittimo dell’isola, e l’autoproclamata Repubblica Turca di Cipro Nord nella parte settentrionale, che è riconosciuta solo da Ankara.
Per il cittadino, due pesi e due misure. Mentre per altri, come è emerso già nel momento di plenaria di ieri mattina, è stato importante riconoscere la fortuna di essere nati in Unione Europea, e non esserne rimasti fuori come è per Kiev oggi. Edoardo, 22enne bolognese, avrebbe voluto parlarne anche di più all’interno del suo sottogruppo per il mercato del lavoro e digitalizzazione. “Ho conosciuto la guerra personalmente, provenendo da Dubrovnik (Croazia), una guerra sanguinosa, l’ho vissuta sulla mia pelle direttamente, e non possiamo mettere in pericolo questo risultato di pace e di serenità e non possiamo darlo per scontato”, ha detto ieri la commissaria responsabile per la Democrazia, Dubravka Suica, nel suo discorso di apertura alla plenaria. “So cosa succede quando le aspirazioni dei cittadini non vengono prese in considerazione: questa non è democrazia. Per questo penso che l’esercizio democratico sia necessario più che mai”.
Su questo le istituzioni europee che gravitano intorno a questo processo sono sulla stessa lunghezza d’onda: “Non c’è posto migliore della Conferenza sul futuro dell’Europa per discutere della debolezza dell’Unione Europea e della sua incapacità di agire e di arrivare a decisioni tempestive”, ha detto anche Guy Verhofstadt, il co-presidente della Conferenza per conto dell’Europarlamento.
Anche per lui è inevitabile che si parli di Russia e Ucraina, è un momento spartiacque nella storia d’Europa e questo significa che storicamente ci sarà un “prima” e un “dopo” l’aggressione dell’Ucraina. L’eurodeputato belga entra a gamba tesa nel dibattito in corso a Bruxelles sulla possibile esclusione della Russia dal sistema di pagamenti internazionali, SWIFT, tra le ipotesi di sanzioni al vaglio. “Una decisione che doveva essere presa giorni fa”, secondo il belga e su cui gli Stati membri stanno invece cercando di arrivare a un accordo nel quadro del terzo pacchetto di sanzioni contro Mosca che l’UE dovrà varare nelle prossime ore. “Invece la stiamo ancora aspettando perché è richiesta una decisione all’unanimità anche se è una questione vitale”. Per l’eurodeputato belga anche le raccomandazioni finali della Conferenza sul futuro dell’Europa saranno molto influenzate dalla crisi in ucraina “dalle decisioni prese all’unanimità, alla difesa comune europea”, di cui si è discusso anche nell‘ultimo panel di Maastricht (Paesi Bassi).
Il punto stampa dell’ex premier belga è arrivato nel momento in cui la Germania ha deciso di trasferire le armi all’Ucraina per aiutare a respingere gli invasori russi, cambiando radicalmente posizione circa l’invio di armi potenzialmente letali in area di conflitto. “Abbiamo bisogno di consegnare a (Kiev) armi e equipaggiamento militare prima possibile”, ha detto. Un’operazione che potrebbe essere velocizzata ricorrendo all’European Peace Facility, lo strumento finanziario fuori dal budget europeo che permetterebbe all’UE di agire più rapidamente per sostenere la pace e la sicurezza globale. Per Verhofstadt lo strumento andrebbe impiegato in modo da dispiegare armi e armamenti militari in maniera più veloce. “E’ la cosa più urgente da fare”, ha concluso, assicurarsi che il popolo di Kiev abbia le armi giuste per difendersi.