Roma – “La crisi di portata storica che l’Italia e l’Europa hanno davanti potrebbe essere lunga e difficile da ricomporre, anche perché sta confermando l’esistenza di profonde divergenze sulla visione dell’ordine internazionale mondiale che non sarà facile superare”. Il Presidente del Consiglio Mario Draghi piazza alla fine del suo intervento alla Camera dei deputati l’avvertimento più grave. La consapevolezza che l’attacco della Russia all’Ucraina avrà effetti pesanti e di lunga durata per l’Italia per l’Europa, che le ricadute economiche saranno rilevanti e che lo shock energetico porterà a scelte difficili. “L’attacco è una gravissima violazione della sovranità di uno stato libero e democratico, il ritorno della guerra in Europa non può essere tollerato”.
Nel ripercorrere le ultime ore drammatiche della cronaca alle porte di Kiev, Draghi sottolinea il necessario sostegno alla popolazione civile: “Le immagini a cui assistiamo – di cittadini inermi costretti a nascondersi nei bunker e nelle metropolitane – sono terribili e ci riportano ai giorni più bui della storia europea”. Il premier, reduce dal Consiglio europeo, ha raccontato il momento drammatico del collegamento con il presidente Zelensky, “nascosto in qualche parte di Kiev, ha detto che lui non ha più tempo, che l’Ucraina non ha più tempo, che lui e la sua famiglia sono l’obiettivo delle forze di invasione russa”.
Il premier ha ricordato la priorità di Europa e alleati, “rafforzare la sicurezza del nostro continente e applicare la massima pressione sulla Russia perché ritiri le truppe e ritorni al tavolo dei negoziati”. Risposte che si innestano sulle decisioni sulle sanzioni economiche decise ieri dal summit europeo, confermando che con i partner “siamo pronti a misure ancora più dure se queste non dovessero dimostrarsi sufficienti”.
Poi affronta il tema della sicurezza, con “la Nato che si è già attivata” e l’Italia che è pronta ad andare anche oltre il suo contributo oltre il rafforzamento del dispositivo militare già schierato sul fianco est “con circa 1.400 uomini e donne dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica, e con ulteriori 2.000 militari disponibili”. Forze impiegate nella “responsabilità della NATO e non c’è nessuna autorizzazione implicita dell’attraversamento dei confini”.
Nell ricordare gli effetti delle sanzioni economiche, Draghi spiega che queste “ci impongono di considerare con grande attenzione l’impatto sulla nostra economia”. Un monito che ricade soprattutto sul fronte energetico, sull’eccesiva dipendenza per il 45 per cento dal gas russo e “dall’imprudenza di non aver diversificato maggiormente le nostre fonti di energia e i nostri fornitori negli ultimi decenni”. Spiega che il piano B si fonda sugli stoccaggi maggiori, sulla necessita di aumentare la produzione “perché il gas del proprio Paese è più gestibile e può essere meno caro”. Insieme, lo spostamento delle forniture da altri gasdotti “TAP dall’Azerbaijan, il TransMed dall’Algeria e dalla Tunisia, il GreenStream dalla Libia”.
Serve flessibilità e regole sui consumi di gas, possibili sospensioni, non dice che bisogna prepararsi al peggio ma che “potrebbe essere necessaria riapertura delle centrali a carbone” per le quali è già scattata la chiusura. Conferma poi l’importanza di accelerare sulle fonti rinnovabili, settore su cui attacca con forza le strozzature su e giù per l’Italia chiedendo maggiori semplificazioni delle procedure per l’installazione degli impianti: “Ostacoli che non sono di carattere tecnico ma solo burocratico”.
Il premier Draghi ha concluso la sua informativa con la richiesta esplicita di un appoggio unitario al governo “per dare ai cittadini le risposte che cercano in questo momento di grave incertezza”. E a recuperare un raccordo mancato nelle vicende interne, il riconoscimento del “Parlamento che è il centro della nostra democrazia, la casa di tutti gli Italiani e la sua vicinanza esprime la vicinanza del Paese”. Il presidente del Consiglio ha replicato l’informativa subito dopo nell’aula del Senato. Martedì invece ci saranno le comunicazioni del governo che prevedono un voto sulle risoluzioni per dare pieno mandato al governo nell’affrontare la crisi sia sul fronte interno, sia per le decisioni in ambito UE e NATO.