Bruxelles – Obbligo per le grandi aziende di vigilare sulle violazioni di diritti umani e dell’ambiente che potrebbero essere associate alle loro attività. E’ quanto propone la Commissione Europea in una direttiva sulla sostenibilità aziendale adottata oggi (23 febbraio) in cui chiede che le imprese in UE siano obbligate a identificare, prevenire e mitigare l’impatto negativo delle loro attività sull’ambiente, ad esempio in termini di inquinamento e perdita di biodiversità, e sui diritti umani, come il lavoro minorile e lo sfruttamento dei lavoratori.
“Le nuove regole forniranno più trasparenza per i consumatori e gli investitori” e “faranno avanzare la transizione verde e proteggeranno i diritti umani in Europa”, si legge nella comunicazione. La proposta adottata dovrà essere approvata in Parlamento europeo e al Consiglio e in caso di luce verde gli Stati membri avranno due anni per recepire la direttiva nel diritto interno e adeguarvisi. Per essere in linea con le nuove regole, le imprese dovranno integrare la dovuta diligenza nelle politiche aziendali, identificando e prevenendo i potenziali impatti negativi su ambiente e diritti umani.
Our proposal on Corporate Sustainability Due Diligence #CorporateSustainability ⤵️ pic.twitter.com/UHVmozd0oQ
— Didier Reynders (@dreynders) February 23, 2022
Perché sia efficace dovranno stabilire e mantenere una procedura di reclamo in caso si certifichi una violazione e monitorare l’efficacia della politica e delle misure messe in atto nelle strategie aziendali. Saranno le autorità amministrative nazionali nominate dagli Stati a supervisionare l’applicazione delle regole e potranno imporre multe in caso di inosservanza. Chi subisce un torto potrà intraprendere un’azione legale per i danni che avrebbero potuto essere evitati con adeguate misure di due diligence (dovuta diligenza) in azienda. La Commissione cerca di coinvolgere direttamente gli amministratori delegati delle imprese che dovranno “tenere in considerazione diritti umani, il cambiamento climatico e le conseguenze ambientali” nelle loro decisioni, anche se nella comunicazione non si specifica con quale modalità sarà monitorato il loro operato. “Quando gli amministratori delle società godono di una remunerazione variabile”, prosegue la comunicazione, “saranno incentivati a contribuire a alla lotta contro il cambiamento climatico facendo riferimento al piano aziendale”.
Le regole si applicheranno a tutte le società a responsabilità limitata dell’UE (con 500 e più dipendenti e più di 150 milioni di euro di fatturato netto a livello mondiale), che dovranno avere anche un piano per assicurare che la loro strategia commerciale sia in linea con l’obiettivo dell’accordo di Parigi di circoscrivere il riscaldamento globale entro i 1,5 °. Le regole si applicano ad altre società a responsabilità limitata che operano in settori definiti ad alto impatto, che hanno più di 250 dipendenti e un fatturato netto di 40 milioni di euro a livello mondiale, anche se per loro le regole inizieranno ad applicarsi 2 anni dopo rispetto al primo gruppo. Coinvolte anche società non europee ma attive nell’UE con soglia di fatturato simile ai primi due gruppi di imprese. Per il momento le piccole e medie imprese (PMI), precisa l’Esecutivo, non rientrano direttamente nel campo di applicazione di questa proposta. “La frammentazione delle regole nazionali rallenta ulteriormente il progresso nell’adozione delle buone pratiche”, spiega il commissario per il mercato interno Thierry Breton. “La nostra proposta farà in modo che i grandi attori del mercato assumano un ruolo di primo piano nel mitigare i rischi attraverso le loro catene del valore, sostenendo allo stesso tempo le piccole imprese nell’adattarsi ai cambiamenti”.
Per il presidente della commissione Ambiente dell’Europarlamento Pascal Canfin “è un significativo passo avanti e un modo per combattere greenwashing”, scrive su Twitter. “Ma la proposta della Commissione è troppo poco ambiziosa sul legame tra obiettivi di sostenibilità e premi per dirigenti. Spingerò per rendere obbligatorio questo collegamento nei prossimi negoziati al Parlamento europeo”, ha assicurato. Un “passo fondamentale verso l’attuazione dei principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani”, lo definisce anche l’eurodeputata Eleonora Evi, co-portavoce nazionale di Europa Verde.