Bruxelles – È ancora alta la dipendenza dell’approvvigionamento energetico dell’UE dai combustibili fossili. Secondo quanto emerge dai dati Eurostat pubblicati oggi (mercoledì 16 febbraio), nel 2020 il rapporto dei combustibili fossili sull’energia disponibile lorda (la domanda totale di energia di un Paese) dei Ventisette era pari al 70 per cento, con un calo di un punto percentuale rispetto all’anno precedente e del 13 per cento rispetto al 1990 (il primo anno per cui sono disponibili i dati). “Ciò è dovuto principalmente all’aumento delle energie rinnovabili“, si legge nel rapporto Eurostat.
Nel 2020 Malta è stato il Paese membro dell’Unione Europea con la più alta quota di combustibili fossili nell’energia lorda disponibile (97 per cento), seguita da Paesi Bassi (90), Cipro (89), Irlanda (87) e Polonia (86). Sul fronte opposto, i Paesi con la quota più bassa erano Francia (48 per cento), Finlandia (41) e Svezia (31). La maggior parte degli altri Stati membri si iscriveva nella forbice tra il 60 e l’85 per cento, tra cui anche l‘Italia, che rimane costantemente sopra la media UE. Nel 2020 la quota di combustibili fossili nell’energia lorda disponibile nella penisola era pari al 78, uguale a quella della Germania e del Lussemburgo.
Nell’ultimo decennio, tutti gli Stati membri dell’UE hanno registrato un calo della loro dipendenza dai combustibili fossili per la produzione energetica. La diminuzione più consistente si è registrata in Estonia (dal 91 per cento nel 2010 al 66 nel 2020), seguita da Danimarca (dall’81 al 59) e Finlandia (dal 57 al 41). Al contrario, la riduzione minore è stata quella del Belgio (dal 78 per cento al 76), seguita da Germania (dall’81 al 78) e Malta (dal 100 al 97). Analizzando i dati dell’Italia, la penisola ha registrato un calo della quota di combustibili fossili nell’energia lorda disponibile di otto punti percentuali negli ultimi dieci anni (dall’86 per cento), mentre nel 1990 era del 94 per cento, tra le più alte di tutta l’Unione.