Bruxelles – Una decisione che per molti resterà incomprensibile, anche perché sembra una contraddizione in termini: nell’UE la produzione di foie gras rispetta il benessere dell’animale. Lo sostiene l’articolo 31 della relazione del Parlamento Europeo sulla direttiva sul benessere degli animali nelle aziende agricole: “È una produzione estensiva che si svolge prevalentemente in allevamenti familiari, dove i volatili trascorrono il 90 per cento della loro vita all’aria aperta e dove la fase di ingrasso, che dura tra i 10 e i 12 giorni in media con due pasti al giorno, rispetta i parametri biologici dell’animale”.
L’emendamento proposto dai Verdi/ALE e dalla Sinistra, che invitava a vietare la pratica dell’alimentazione forzata di oche e anatre, è stato respinto dal Parlamento, e in questo modo il foie gras ha trovato spazio nella relazione approvata in via definitiva con 496 voti a favore, 140 contrari e 51 astenuti.
Si tratta di uno dei prodotti più celebri della cucina francese, definito dalla legislazione di Parigi come “fegato di anatra o di oca fatta ingrassare attraverso alimentazione forzata” (con una pratica chiamata gavage). Nei fatti, l’alimentazione forzata induce una crescita abnorme del fegato e un aumento di grassi nelle cellule epatiche. Le organizzazioni per i diritti degli animali considerano la produzione del foie gras una crudeltà nei confronti degli animali, proprio il contrario di quanto messo nero su bianco dal Parlamento UE a Strasburgo.
A prendere posizione immediata è stato Dino Giarrusso, eurodeputato del Movimento 5 Stelle: “Abbiamo votato contro la relazione perché non contiene né un’etichettatura obbligatoria sul benessere animale, né soprattutto il divieto europeo sulla produzione di foie gras”, che in Italia già esiste dal 2007. “Per noi l’Europa deve seguire il modello italiano e vietare del tutto la produzione di foie gras”, ha aggiunto l’europarlamentare in quota 5 Stelle, che ha ricordato anche il fatto che “bisogna fare di più e migliorare le modalità di rispetto delle norme e di controllo“, seguendo gli esempi positivi sulle direttive europee che hanno consentito “cambiamenti strutturali” sulle modalità di allevamento come quelle su galline ovaiole, suini e vitelli. “I sistemi europei di etichettatura relativi al benessere degli animali, in prevalenza privati, sono tutti volontari e nei fatti sono molto diversi tra loro”, ha concluso Giarrusso, dopo aver posto l’accento sull’assenza di “una prospettiva di etichettatura obbligatoria e uguale in tutta Europa“.
Anche dalle fila dei Verdi/ALE si sono alzate voci indignate. “Tutto questo è per soddisfare le esigenze dei palati gourmet che ignorano le atroci sofferenze a cui sono sottoposti gli animali per ottenere il foie gras”, ha tuonato Eleonora Evi, co-portavoce nazionale di Europa Verde e vice presidente dell’intergruppo sul benessere animale. L’eurodeputata italiana ha attaccato il rapporto, sostenendo che “a dispetto del nome, è lontano anni luce dalla volontà di tutelare il benessere animale”, dal momento in cui “si riferisce a una regolamentazione assolutamente datata e anacronistica”, che “si basa in modo sproporzionato su questioni di competitività e costi, non fornendo una direzione chiara né agli allevatori che desiderano uscire dalla corsa all’intensificazione, né ai cittadini che desiderano standard più elevati”. Ecco perché “il voto di oggi deve farci riflettere seriamente sulla necessità di eliminare gli allevamenti intensivi“, definiti da Evi “una barbarie per gli animali e una minaccia costante per la salute dell’uomo“, trattandosi di uno dei maggiori fattori di inquinamento e di deforestazione.