Maastricht – Un nuovo modello di democrazia in cui rappresentanza e partecipazione diretta dei cittadini possano coesistere e “arricchirsi a vicenda”. E’ quello che le istituzioni europee cercano di costruire con la Conferenza sul futuro dell’Europa, a detta di Guy Verhofstadt, l’eurodeputato co-presidente del forum di discussione sul futuro dell’Europa per conto del Parlamento Europeo. Qui “cerchiamo la giusta combinazione tra democrazia rappresentativa e partecipativa, un equilibrio in cui possano coesistere”, sostiene l’ex premier belga che ieri (12 febbraio) a Maastricht, nei Paesi Bassi, ha preso parte all’ultima riunione del panel dei cittadini dedicato all’Europa nel mondo e alle migrazioni, che si chiude oggi. Coesistere anche oltre la Conferenza sul futuro dell’UE, anche se ancora non è chiaro in che termini e con quali modalità.
I 200 cittadini scelti in modo casuale da tutta l’Unione Europea per discutere dell’UE di domani, saranno chiamati a formulare le raccomandazioni che riguardano la dimensione esterna dell’UE e la sua politica migratoria. Per Verhofstad – che in questo esercizio rappresenta di fatto l’istituzione europea più progressista, rispetto al Consiglio e alla Commissione – questo processo inedito è un modo di guardare a un nuovo modello democratico che in futuro prevarrà. “Non penso di poter pensare a una democrazia del futuro senza un esercizio come questo che stiamo facendo qui”, ha confidato ai giornalisti. “Stiamo assistendo a un nuovo tipo di democrazia in cui partecipazione e rappresentanza vanno di pari passo”.
Il processo decisionale nel futuro dell’Europa
Nei fatti, però, rimane in molti cittadini lo scetticismo iniziale su come a queste raccomandazioni verrà dato un seguito, a cosa porteranno in concreto. Tutti si augurano il meglio, molti rimangono ancora timorosi su cosa potrebbe uscirne.
A marzo, in occasione della plenaria, saranno discusse per la prima volta a livello politico tutte le proposte dei cittadini europei in un confronto serrato con i rappresentanti delle istituzioni europee, nazionali, della società civile. Dovranno essere poi le componenti politiche della Conferenza – Commissione, Consiglio, Parlamento UE e nazionali – a risponderle e capire quali sono le riforme da attuare per dare seguito a queste raccomandazioni, adottandole per consenso. Un processo lungo e articolato, che rischia in effetti di lasciare in disparte i protagonisti di questo esercizio, i cittadini europei. E questo non può accadere.
Il modo migliore per garantire che le “raccomandazioni siano attuate nel prossimo futuro è che i cittadini siano presenti nel momento in cui decidiamo sulle raccomandazioni“, ha chiarito l’europarlamentare. Le raccomandazioni formulate da tutti e quattro i panel “non sono la fine della storia ma la base di partenza per una proposta di riforma. Una volta che avremmo deciso sulle raccomandazioni gli chiederemo la loro opinione e se la loro opinione è positiva sarà difficile ignorarlo”. Assicura che “faremo di tutto per far sì che il consenso delle componenti politiche della conferenza vada di pari passo anche con il consenso che verrà dalla componente dei cittadini dell’UE”.
La presenza dei cittadini al momento della decisione da parte dell’UE dovrebbe diventare, già di per sé, un elemento di pressione sulle istituzioni europee. “Non ci mancano gli strumenti per capire cosa pensano i cittadini dell’Unione Europea”, ha sintetizzato il belga, citando il periodico sondaggio Eurobarometro che consente di farsi un’idea di cosa pensano i cittadini intervistati dell’UE. Il valore aggiunto della Conferenza è che includere i cittadini direttamente in questo processo deve mettere pressione sulle istituzioni al punto che sarà impossibile ignorarli.
Talmente tanta pressione sulle istituzioni che Verhofstadt si dice convinto che le raccomandazioni che usciranno da questo panel potrebbero sbloccare l’impasse sulla politica migratoria europea. Una politica che ad oggi non esiste, né sull’accoglienza, né sui rifugiati, tanto meno sulle migrazioni legali. E le crisi migratorie attuali, per l’eurodeputato, sono la diretta conseguenza dell’assenza di una politica migratoria comune. Forse “le raccomandazioni dei cittadini possono dare un nuovo input all’attuale stallo nella discussione”, sostiene.
E’ un fatto che il quarto panel è quello che tratta i temi più divisivi anche all’interno delle istituzioni dell’UE. “Dublino non soddisfa più nessuno”, dice a Eunews Antonio, settantenne proveniente da Napoli, in riferimento al regolamento di Dublino che dal 1997 disciplina le norme europee in materia di politica migratoria (con piccole modifiche nel 2003 e nel 2013). Una proposta di riforma da parte della Commissione Europea (del settembre 2020) è ferma in stallo al Consiglio da allora. “Non ha dato nessun aiuto, ha creato più problemi di quanti ne abbia risolti. L’immigrazione sta diventando un peso eccessivo per l’Europa soprattutto per come viene affrontata dai paesi”.
E’ convinto però che già il fatto che ci sia in corso questa Conferenza sul futuro dell’UE è sintomo che qualcosa sta cambiando”, si sta rafforzando sempre più un assetto unitario rispetto al passato. La Conferenza sul futuro dell’UE è ormai al giro di boa, “abbiamo fatto un pezzo importante di percorso”. L’impressione che ci racconta da cittadino e da ambasciatore delegato degli altri cittadini (coloro che sono stati selezionati per rappresentare gli altri durante le plenarie, ce ne sono 20 per ogni panel, quindi in totale 80) è che tutto questo processo sia partito con un po’ di scetticismo da parte di tutti e si sia poi concretizzato meglio”.
Cresce la consapevolezza di questo processo, anche a livello politico. “Ho avuto la stessa impressione nell’ultima plenaria (che si è tenuta a gennaio), è cresciuta la partecipazione non solo verso le tematiche che vengono proposte ma anche rispetto all’iniziativa stessa: cioè – ci spiega – l’idea di mettere al centro la democrazia rappresentativa e affiancarla con la democrazia partecipativa con i cittadini che possono far sapere in modo diretto la propria visione”. Se all’inizio del processo “era stata accolta con abbastanza scetticismo anche da parte dei politici adesso sta riscuotendo una fase di avvicinamento maggiore rispetto a questo”, sostiene Antonio.
Ascoltarci e prendere in considerazione ciò che diciamo”, è anche l’augurio di Enrico, ventunenne fiorentino. Confida che quando lo hanno chiamato per prendere parte alla Conferenza “ho pensato a uno scherzo, ma ora confido che i politici europei riflettano su ciò che si dice e che viene fuori da questa sessione” per il futuro dell’Europa.