Bruxelles – Frontiere esterne rafforzate e governance più coordinata per garantire anche più sicurezza nello spazio Schengen. Per Emmanuel Macron la riforma dello spazio di libera circolazione dell’UE passa necessariamente attraverso una gestione rafforzata dei confini esterni ed è giunto il momento di metterla in pratica, sfruttando i prossimi cinque mesi alla guida dell’UE come presidente di turno.
“Per anticipare meglio le crisi e reagire più rapidamente come europei, per valutare le nostre vulnerabilità e proteggere meglio le nostre frontiere esterne, vorrei la creazione di un Consiglio Schengen“, ha annunciato ieri sera (2 febbraio) il capo dell’Eliseo intervenendo alla riunione informale dei ministri dell’Interno dell’Unione europea, in programma a Tourcoing, nel nord della Francia. Un Consiglio che nell’idea di Macron dovrebbe riunirsi in riunioni periodiche a livello ministeriale per monitorare “il funzionamento dell’area senza frontiere” con la possibilità di prendere “decisioni coordinate in tempi di crisi”. “Questo Consiglio può diventare il volto di un’Europa forte e protettiva che è a suo agio nel controllare i suoi confini e quindi il suo destino”, ha aggiunto il capo dell’Eliseo.
Pour mieux anticiper les crises et réagir plus rapidement en Européens, pour évaluer nos vulnérabilités et mieux protéger nos frontières extérieures, je souhaite la création d'un Conseil Schengen. pic.twitter.com/lVWMgogPF2
— Emmanuel Macron (@EmmanuelMacron) February 2, 2022
Dar vita a una nuova governance politica non richiederebbe una riforma dei Trattati dell’UE, ma il consenso degli altri Stati membri. Macron non perde tempo ed esorta a concretizzare la proposta già alla prossima riunione dei ministri dell’Interno dell’UE che si terrà i primi di marzo. Tutto sta a vedere quale consenso riceverà dagli altri Stati membri, da sempre divisi sulla gestione delle frontiere esterne che si lega alla risposta europea all’immigrazione.
Schengen schiacciata tra terrorismo e coronavirus
Il peso che questa riforma ha nella visione politica di Macron lo dimostra la sua presenza di ieri a una riunione informale dell’UE, cosa molto insolita anche per un presidente di turno al Consiglio. L’idea non è certo nuova, Macron parla della necessità di una riforma dello spazio Schengen da oltre due anni, dopo che nuovi attacchi terroristici in Francia e in Austria nel 2020 hanno scosso un’Europa provata anche dalla lotta al Coronavirus.
E’ certo che Macron voglia impostare la sua campagna elettorale per la rielezione all’Eliseo di questa primavera (le presidenziali sono previste ad aprile) sul tema della sicurezza e dell’identità sia europea sia francese, ma non c’è solo questo. Sicurezza nazionale, il tentativo di evitare i cosiddetti “movimenti secondari” tra Stati membri tra persone che migrano in Europa e anche la pandemia COVID hanno spinto diversi Paesi UE a reintrodurre controlli alle frontiere interne all’area Schengen. La Francia non è la sola ad averle reintrodotte, con Parigi anche la Norvegia, l’Austria, la Germania, la Svezia e la Danimarca e negli ultimi anni si è assistito a un aumento frequente di questo approccio: tra il 2006 e il 2014, in 9 anni, i controlli alle frontiere interne sono stati reintrodotti 35 volte, mentre dal 2015 a oggi i controlli alle frontiere interne sono stati reintrodotti 205 volte. In Unione Europea è in discussione il senso stesso di uno spazio di libera circolazione europeo senza frontiere in cui invece le frontiere vengono reintrodotte.
Lo spazio Schengen nasceva nel 1985 come uno dei grandi passi verso l’integrazione europea e oggi conta in tutto 26 Paesi, 22 dei quali fanno parte dell’Unione europea (Belgio, Repubblica ceca, Danimarca, Germania, Estonia, Grecia, Spagna, Francia, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Ungheria, Malta, Paesi Bassi, Austria, Polonia, Portogallo, Slovenia, Slovacchia, Finlandia e Svezia) a cui si aggiungono quattro Paesi extra UE, Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera. Si può dire che la Commissione UE abbia sposato in pieno la linea di Macron adottando una strategia sulla nuova Schengen per frontiere esterne rafforzate con controlli a chi arriva per garantire più sicurezza anche nello spazio di libera circolazione interna, in modo da spingere gli Stati a non introdurre controlli alle proprie frontiere interne per evitare movimenti secondari. A Bruxelles il dibattito sulla sicurezza dei confini è un dibattito che si lega al terrorismo e alla gestione comune dell’immigrazione, che comune ancora non è. Parigi tenterà di fare progressi anche sul nuovo Patto per l’immigrazione e l’Asilo – presentato dalla Commissione Europea a settembre 2020 – con l’idea di introdurre un nuovo screening rafforzato alle frontiere esterne dell’UE per chi tenta di entrare irregolarmente nel Continente, ma che da allora è fermo, in stallo, al Consiglio.