Bruxelles – Quando ancora al Parlamento Europeo riecheggiano le parole di Frances Haugen, ex-dipendente di Facebook che ha rivelato come le Big Tech privilegino i profitti alla lotta contro la disinformazione e la violenza online, un’altra donna che si batte per la libertà di espressione ha chiesto agli eurodeputati più decisione sul testo della legge UE sui servizi digitali. “Le piattaforme digitali devono essere responsabili delle conseguenze delle loro decisioni, non possono correggere il tiro solo dopo che il verificarsi di una persecuzione”, ha attaccato Maria Ressa, giornalista filippina insignita del Premio Nobel per la Pace 2021, nel corso di un’audizione alla commissione speciale sulle Ingerenze straniere nei processi democratici e la disinformazione (INGE) del Parlamento UE.
Parlando degli attacchi personali subiti a seguito della pubblicazione delle indagini sulle campagne di disinformazione in occasione delle elezioni presidenziali nelle Filippine nel 2016 su Rappler (giornale online da lei diretto), Ressa ha avvertito i rappresentanti dei cittadini UE che “il mio esempio ci ha aiuta a capire come funziona il sistema di attacco ai giornalisti attraverso la penetrazione dal basso verso l’alto nel dibattito pubblico“. Dalle calunnie postate da profili anonimi alla condivisione sempre più allargata, fino all’ingresso nella sfera pubblica e istituzionale e l’assunzione come verità su cui impostare un procedimento penale (per cui rischia ancora di essere incarcerata). Ma “chi pagherà i danni della mia immagine distrutta, quando le piattaforme digitali hanno commercializzato questa disinformazione?”
Di qui il collegamento con il Digital Services Act (DSA) dell’Unione Europea, da ieri (lunedì 31 gennaio) al centro delle trattative tra le istituzioni europee per l’adozione del testo finale. Il primo punto avanzato da Ressa al Parlamento UE è la necessità di aprire l’accesso ai dati delle piattaforme online anche ai giornalisti, includendoli come ‘ricercatori controllati’ a cui è permesso il controllo sulla trasparenza delle Big Tech (secondo l’articolo 31 della bozza del DSA). La legge UE sui servizi digitali “deve aprire la scatola nera degli algoritmi e permettere che si capisca come vengono utilizzati i dati personali degli utenti“, ha sottolineato con forza Ressa.
Ma sul piano della disinformazione si inserisce anche un’altra questione controversa del progetto di legge al vaglio dei co-legislatori del Parlamento e del Consiglio dell’UE (con la mediazione della Commissione): la cosiddetta ‘esenzione dei media’. Questa esenzione prevederebbe una serie di misure per impedire la rimozione dei contenuti editoriali da parte delle piattaforme digitali. Proposta respinta sia dalla posizione del Parlamento UE, sia dalla vincitrice del Premio Nobel 2021: “Dobbiamo guardare agli algoritmi, che hanno trasformato l’ecosistema dell’informazione, non i singoli contenuti, altrimenti si creerebbero compiti ancora più complessi di definire chi è un media“. La preoccupazione maggiore è la possibilità di lasciare spiragli aperti alla diffusione di contenuti falsi da parte di alcuni attori dell’informazione controllati da regimi illiberali, con la continua complicità “agnostica” da parte delle Big Tech.