Bruxelles – Allineare la tassazione energetica agli obiettivi climatici, ridurre i sussidi ai combustibili fossili e restare vigili sui possibili impatti sociali della transizione. Sono tre gli input che la Corte dei Conti UE dà alle istituzioni europee impegnate ad attuare il pacchetto sul clima ‘Fit for 55’, presentato lo scorso luglio e che andrà a rivoluzionare buona parte della legislazione europea in materia di clima ed energia. E una revisione è necessaria per meglio allineare le politiche di tassazione dell’energia e dei sussidi pubblici con gli obiettivi climatici che l’UE si è posta, come mette a fuoco l’ultima analisi dei revisori di Lussemburgo pubblicata oggi (31 gennaio), dedicata a come le imposte sull’energia, la fissazione del prezzo del carbonio e le sovvenzioni all’energia contribuiscano al raggiungimento degli obiettivi climatici dell’UE.
Per i revisori di Lussemburgo tassare l’energia può contribuire in maniera sostanziale alla lotta ai cambiamenti climatici, non solo perché i governi possono usare le imposte sui prodotti energetici per riscuotere delle entrate (da reinvestire) ma anche perché può incoraggiare le imprese a fare scelte più ecologiche. Tuttavia, i livelli attuali di imposizione fiscale che si registrano nell’UE e l’attuale direttiva sulla tassazione dell’energia (risalente al 2003) non aiutano in questo senso perché non “rispecchiano i livelli di emissioni di gas serra” derivanti dai vari settori coperti dalla direttiva. La Corte è molto chiara nel sottolineare che un basso livello del prezzo del carbonio e di imposte sull’energia per i combustibili fossili aumenta il costo relativo delle tecnologie più ecologiche e rischia di ritardare anche la transizione energetica.
La debolezza della direttiva sulla tassazione energetica
Nell’analisi dell’attuale direttiva del 2003 sulla tassazione dei prodotti energetici, la Corte di Lussemburgo registra forti differenze tra i vari settori industriali ed economici sui livelli della tassazione: l’imposta media sull’energia varia ampiamente da zero per il trasporto aereo internazionale fino a oltre 50 euro per il trasporto su strada (come si vede dalla immagine a destra). Differenze sulla tassazione che non si registrano solo a livello settoriale, ma anche tra gli Stati membri che le impongono. L’attuale direttiva ha stabilito un limite minimo di imposta (proprio per ridurre le differenze tra Stati membri), ma non ha armonizzato le regole, con la conseguenza che se anche la maggioranza degli Stati membri applica imposte elevate sui combustibili, molti altri le mantengono vicine al livello minimo stabilito dalla direttiva, e questo secondo la Corte può comportare “possibili distorsioni nel mercato interno”.
E soprattutto, in base al quadro normativo attuale paradossalmente le fonti energetiche più inquinanti possono beneficiare di un trattamento fiscale più vantaggioso rispetto a quelle più efficienti sul piano delle emissioni di carbonio: i revisori di Lussemburgo citano l’esempio del carbone che viene tassato meno del gas naturale (che è più efficiente sul piano delle emissioni di carbonio) e alcuni combustibili fossili sono soggetti a tasse di molto inferiori rispetto all’elettricità (che potrebbe essere prodotta con fonti a bassa emissione di carbonio).
Debolezze del quadro normativo su cui la Corte chiede maggiore coerenza da parte dell’UE nella revisione e un allineamento con gli obiettivi climatici. Tutte criticità della direttiva 2003 di cui la stessa Commissione Europea è a conoscenza (lo scriveva già nel 2019 in un documento di lavoro) ed è il motivo per cui ha previsto una sua revisione nel quadro del Fit for 55: la proposta presentata lo scorso luglio prevede di tassare i prodotti energetici sulla base del loro contenuto energetico (euro/GJ) e non più sul volume, di eliminare le esenzioni e le aliquote ridotte esistenti che incoraggiano ancora l’uso di fonti non pulite.
Il prezzo del carbonio e i sussidi alle fossili
Un ruolo centrale nelle politiche climatiche dell’UE sarà anche la riforma del sistema ETS, il mercato di scambio di emissioni di CO2 che secondo il Fit for 55 andrà esteso anche a trasporti marittimi, su strada ed edifici. La Corte prende atto del fatto che la riforma – se approvata da Consiglio e Parlamento – porterà a conservare le quote gratuite di CO2 per le industrie energetiche almeno per tutto il prossimo decennio, ma la sua graduale eliminazione sarà compensata dal meccanismo UE di aggiustamento del carbonio alle frontiere. Altra criticità che viene osservata nella normativa attuale è che persistono troppi finanziamenti pubblici verso i combustibili fossili, come era emerso già dall’ultima Relazione sullo stato dell’energia del 2021 pubblicata lo scorso autunno.
La Corte stima che in UE le sovvenzioni assegnate dagli Stati membri ai combustibili fossili ammontano a oltre 55 miliardi di euro all’anno e sono rimaste stabili nel corso degli ultimi dieci anni, nonostante gli inviti da parte di Bruxelles a eliminarle gradualmente.
Complessivamente, sono maggiori le sovvenzioni alle rinnovabili ma l’analisi della Corte conferma quanto già dimostrato nella relazione sullo stato dell’energia: ovvero enormi differenze tra Stati membri. Una quindicina di Stati membri spende più in sovvenzioni per i combustibili fossili che in sovvenzioni destinate all’energia verde, l’Italia di contro si conferma tra i Paesi più virtuosi nel sostegno alle energie rinnovabili.
“La tassazione dell’energia, la fissazione del prezzo del carbonio e le sovvenzioni all’energia sono strumenti importanti per conseguire gli obiettivi climatici. La sfida principale, a nostro parere, è rafforzare il nesso tra provvedimenti normativi e misure finanziarie, trovando la giusta combinazione”, spiega Viorel Ştefan, il Membro della Corte dei conti europea responsabile dell’analisi. “Con questa analisi, la Corte intende contribuire al dibattito sui prezzi dell’energia e sui cambiamenti climatici, in particolare in vista dell’imminente discussione della proposta di revisione della direttiva sulla tassazione dell’energia”.
Prezzo sul carbonio, fine dei sussidi alle fossili e aumento di quelli alle rinnovabili. Tutte misure necessarie alla transizione, ma nel discutere queste proposte e trovare un modo per attuarle, secondo la Corte dei Conti le istituzioni dovranno tenerne bene a mente i costi sociali. “L’impatto sociale delle diverse iniziative può essere significativo e può incidere negativamente sulla transizione a un’economia più verde, se non viene fronteggiato”, scrivono i revisori di Lussemburgo, spiegando che la percezione di essere trattati in maniera ingiusta per determinati gruppi o settori potrebbe tradursi “in una resistenza ai progressi” della transizione stessa.
L’analisi cita l’esempio della Francia, dove nel 2018, in un contesto segnato da un incremento dei prezzi del petrolio a livello internazionale, il prezzo dell’energia ha registrato un’impennata, sfociando nelle ormai conosciute proteste dei “gilet gialli” che hanno indotto il governo a congelare la tassa sul carbonio introdotta nel 2014 per aiutare gli obiettivi climatici. Non è la prima volta che alla Commissione Europea viene manifestata la preoccupazione di questa transizione, tanto che nel pacchetto sul clima è stato inserita anche la promessa di un Fondo sociale per il clima da 72 miliardi di euro dal 2025 al 2032 per ammortizzare i costi sociali della lotta al cambiamento climatico. Anche secondo la Corte di Lussemburgo la dimensione sociale della trasformazione non è trascurabile, se si vogliono scongiurare nuovi gilet gialli stavolta a livello europeo.