Roma – Il centrodestra forza la mano ma l’urna boccia sonoramente Elisabetta Alberti Casellati. Nella quinta giornata di votazioni, la seconda con il quorum della maggioranza degli aventi diritto, l’azzardo di Matteo Salvini s’infrange sui numeri.
La presidente del Senato si ferma a 382 voti, molto lontana dal quorum dei 505 ma soprattutto a circa settanta in meno di quelli previsti e calcolati dentro la sua coalizione. Un esito che sta provocando forti tensioni dentro il centrodestra con gli scambi di accuse incrociate tra chi non avrebbe rispettato gli ordini di scuderia.
Una prova di forza che in partenza non aveva molte speranze e che ora con i numeri alla mano dei franchi tiratori potrebbe far cambiare i piani al centrodestra. Insistere anche al sesto scrutinio, che ci sarà sempre nel pomeriggio, con questi margini complicherebbe molto le cose.
Il centrosinistra aveva messo fin dalla prima chiamata gli argini: Pd, M5S e LeU, hanno blindato i voti con l’astensione, lasciando quelli liberi al gruppo misto e agli ex Cinquestelle. Schede che sono andata a Mattarella (46), al magistrato Nino di Matteo (38) e alcune sparse su candidati come Tajani e Berlusconi, ovvero impronte digitali di franchi tiratori dentro Forza Italia.
Dopo la spallata fallita ora potrebbe riprendere il dialogo che Salvini ha abbandonato nelle ultime ore. E il negoziato per lui non sarà facilissimo visto che ha bruciato il nome della seconda carica dello Stato, istituzionalmente il più autorevole che il centrodestra aveva a disposizione.
Il campo delle soluzioni ora torna alla casella di partenza: da Mario Draghi alle altre figure super partes che finora hanno subito il gioco dei veti incrociati