Bruxelles – C’è una ragione per cui sono ancora relativamente pochi i contributi dei cittadini europei alla Conferenza sul futuro dell’Europa ed è perché molti di loro credono che la propria partecipazione non avrebbe un “reale impatto” nel dibattito sull’Unione di domani. Il dato è quello che emerge dall’ultimo sondaggio Eurobarometro pubblicato oggi (26 gennaio) e dedicato al Futuro dell’Europa, secondo cui il 53 per cento degli intervistati sarebbe più “incoraggiato a prendere parte alle attività della Conferenza se fosse convinto che la sua partecipazione avesse un impatto reale (53 per cento)” nel dibattito sul futuro dell’Europa.
L’indagine – commissionata congiuntamente dal Parlamento europeo e dalla Commissione – è stata condotta tra il 16 settembre e il 17 ottobre 2021 su un totale di 26.530 intervistati. Tra settembre e ottobre i lavori della Conferenza sul futuro dell’Europa erano ancora molto “abbozzati” e poco nel vivo, ma la proiezione è in linea con i numeri ancora molto bassi dei contributi sulla piattaforma digitale multilingue, entrata in funzione a metà aprile per dare modo a tutti i cittadini dei 27 Stati membri di esprimere le proprie opinioni e proporre riforme sui temi che vogliono. I contributi non sono mai davvero decollati e da aprile a inizio novembre ne sono stati registrati 29.012, di cui 9.337 idee, 16mila commenti e 3.658 eventi da organizzare (secondo l’ultima relazione intermedia di novembre). Nonostante l’ottimismo della Commissione Europea, su una popolazione europea di 446 milioni di abitanti i numeri dei contributi rimangono molto bassi.
Fin dall’avvio di questo processo di riforma dell’UE era chiaro che sarebbe stato difficile far passare il messaggio dell’utilità di questa Conferenza, che viene realmente “vissuta” e partecipata solo dai 200 cittadini estratti a sorte per far parte dei quattro panel cittadini. C’è scetticismo verso le reali capacità dell’Unione Europea di ascoltare la voce dei suoi cittadini, che non impedisce però al 90 per cento degli intervistati di concordare sul fatto che le loro voci dovrebbero essere prese maggiormente in considerazione nelle decisioni relative al futuro dell’Europa. Per il 55 per cento di loro è il voto alle elezioni europee uno dei modi più efficaci per garantire che le voci siano ascoltate dai decisori a livello dell’UE, anche se in realtà, nelle prime raccomandazioni politiche formulate finora è emersa la richiesta di maggiore partecipazione attiva attraverso assemblee cittadine e incontri periodici. Bisognerà capire in che modo gli si darà seguito a livello politico.
Di questo si preoccupa anche Emily O’Reilly il Mediatore europeo, che in occasione della terza plenaria della Conferenza che si è svolta dal 21 al 22 gennaio ha avvertito della necessità di garantire che ci siano risultati tangibili. “L’idea di tenere questa conferenza era radicata nella convinzione della capacità dell’UE di ascoltare e imparare dal pubblico europeo”, ha detto il Mediatore. “Alcuni temi chiari sono già emersi, con proposte per una maggiore azione dell’UE su questioni come il cambiamento climatico e lo stato di diritto, così come la richiesta di un processo decisionale più trasparente. Tuttavia, senza una chiara azione su queste idee, la conferenza potrebbe essere vista semplicemente come una politica dei gesti, un vuoto esercizio di ‘citizien-washing”“, ovvero mettere i cittadini al centro ma solo di facciata con il rischio di attirare ancora più euroscetticismo.
A livello di contenuti, l’Eurobarometro conferma le priorità sul futuro dell’UE già emerse dalla piattaforma, ovvero l’ambiente e la transizione verde. La metà degli europei vede il cambiamento climatico come una sfida importante per il futuro dell’UE e la maggior parte degli intervistati sostiene gli obiettivi ambientali del patto verde europeo, il Green Deal. Complessivamente, l’88 per cento degli europei vuole aumentare la quota di energia rinnovabile nell’economia e l’80 per cento ritiene importante che l’Europa diventi un continente a impatto climatico zero entro il 2050. Altre sfide globali future identificate dagli intervistati sono la salute (34 per cento) e la migrazione forzata e lo sfollamento (30 per cento).