Roma – Il dialogo prosegue ma l’accordo rimane lontanissimo. Seconda giornata con le schede bianche (527 su 976 votanti) a scandire il risultato e l’opzione Draghi che sta incontrando più ostacoli del previsto. Il quorum ancora alto non aiuta i leader che hanno moltiplicato i colloqui aspettando che qualcosa si sblocchi.
L’unica novità arriva dal vertice del centrodestra che sforna una terna di nomi Marcello Pera, Letizia Moratti e Carlo Nordio, ma che non sembra destinata ad avere vita lunga, in sostanza un modo nobile per prendere ancora tempo. “Non è una rosa tattica – precisa la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni – sono tutti nomi di rispetto”.
Nonostante il segretario del PD Letta la definisca inizialmente una lista “di qualità”, al termine del vertice con Conte e Speranza la nota congiunta non lascia margini: “Scelte rispettabili ma non riteniamo che su quei nomi possa svilupparsi la larga condivisione necessaria”. PD, M5S e LeU confermano la volontà di una soluzione condivisa super partes, nessuna rosa di nomi contrapposti ma la proposta di un incontro per domani tra delegazioni ristrette. “Chiudiamoci in una stanza a pane e acqua fino a quando non chiudiamo, domani è il giorno chiave” dice Letta all’uscita del summit.
Il segretario del PD parte con la carta di Mario Draghi “da proteggere” ma da domani lo schema Dem potrebbe cambiare. Il paletto davanti alla salita del Quirinale per il premier lo piazza il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte dopo la riunione con i grandi elettori. “Se abbiamo affidato a un timoniere una nave in difficoltà non ci sono le condizioni per fermare i motori, cambiare equipaggio e chiedere al timoniere un nuovo incarico”, dice mettendosi a ruota con Salvini che la pensa più o meno allo stesso modo.
Il vertice tra alleati del centrosinistra si svolge così con il dubbio concreto che il gruppo del M5S non tenga alle spinte di chi teme la fine della legislatura. Le parole di Conte che blindano Draghi a Palazzo Chigi sono indicative degli umori di un gruppo poco controllabile.
Lo stallo granitico della seconda giornata di votazioni è alimentato dalle paure che arrivano da molte parti, le strade continuano ad avere più uscite ma nessuna soluzione ha più possibilità di altre. Resta in piedi anche lo schema che coltiva una parte del PD che non si rassegna ad abbandonare il bis di Mattarella e che nell’emergenza potrebbe riprendere quota. Il segnale forte ai leder negoziatori arriva dalle insalatiere che custodiscono le preferenze: quelle per il presidente uscente sono salite a 39 e Mattarella diventa il più votato insieme a Paolo Maddalena scelto dagli ex M5S.
Il filo dell’incertezza continua ad avvolgere l’elezione presidenziale e anche l’avvio verso la quarta votazione con l’abbassamento del quorum alla maggioranza assoluta di 505 voti, per ora non sembra spingere verso un accordo.
A mettere fretta anche i venti di guerra che spirano dalla crisi russo-ucraina e che sta aumentando la tensione in occidente. I timori di un conflitto planano sulle votazioni del Quirinale allontanando la partita doppia di un possibile nuovo governo che si porterebbe dietro i rischi di una instabilità politica.