dall’inviato
Strasburgo – Si prospettano due mesi e mezzo di campagna elettorale intensa in Ungheria, pieni di polemiche e di colpi bassi. Tanto che un gruppo di 62 eurodeputati ed eurodeputate ha inviato una lettera a Matteo Mecacci, direttore dell’Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani (ODIHR) dell’OSCE (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa), per invitarlo a svolgere una missione di osservazione elettorale “su vasta scala” per le elezioni parlamentari previste per il prossimo 3 aprile in Ungheria.
“Condividiamo tutti la preoccupazione che le elezioni possano non svolgersi secondo i più alti standard democratici“, si legge nel documento inviato dai membri di cinque gruppi politici, provenienti da 19 Paesi membri UE diversi, tra cui anche l’eurodeputato dei Verdi, Ignazio Corrao. “Nel periodo precedente le elezioni di quest’anno abbiamo osservato sviluppi seriamente preoccupanti”, in particolare sugli emendamenti alla legislazione elettorale dell’Ungheria adottati tra il 2020 e il 2021. Negli ultimi due anni sono state imposte restrizioni alle candidature per la circoscrizione nazionale e sono state riviste le regole di registrazione per la residenza permanente, che “facilita la registrazione di indirizzi fittizi”. I membri del Parlamento UE temono che tutto ciò sarà “ampiamente strumentalizzato dal partito al potere per aumentare la sua base elettorale in regioni particolarmente contese”.
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Il partito conservatore Fidesz del primo ministro, Viktor Orbán, è sotto l’occhio attento degli eurodeputati, anche – e soprattutto – dopo l’endorsement dell’ex-presidente statunitense, Donald Trump, e l’annuncio del referendum sulla legge anti-LGBT+ nello stesso giorno delle elezioni parlamentari. “In questo contesto pensiamo sia cruciale seguire tutti gli aspetti-chiave del processo elettorale ungherese“: dal quadro legislativo alla campagna elettorale, dal ruolo dei media alla partecipazione delle donne e delle minoranze, fino al conteggio dei voti e i ricorsi post-elettorali. Secondo i rappresentanti dei cittadini UE, la presenza dell’ODIHR sarebbe preziosa, dal momento in cui “ha dimostrato la sua competenza e dedizione alle elezioni libere ed eque in oltre 150 osservazioni elettorali negli ultimi dieci anni”.
A poco più di due mesi da quelle che gli osservatori internazionali definiscono le elezioni più combattute e decisive dell’ultimo decennio in Ungheria, i sondaggi danno un testa a testa risicato tra il premier Orbán e lo sfidante dell’opposizione, Péter Márki-Zay. Dopo 12 anni ininterrottamente al potere, il primo ministro dovrà confrontarsi con sei partiti uniti contro il sistema di governo di Fidesz (il Partito Socialista Ungherese, i verdi di Dialogo per l’Ungheria e di La politica può essere Diversa, la destra nazionalista di Jobbik, i progressisti di Coalizione Democratica e i liberali di Movimento Momentum). A novembre l’economista conservatore è stato nominato candidato-premier del fronte unito e sono stati trovati i candidati comuni per i singoli distretti elettorali. In Ungheria manca poco alla resa dei conti per Orbán: un altro motivo per essere sicuri che la competizione elettorale sia equa.