Bruxelles – L’Europa è fragile, traballante. Emmanuel Macron vede problemi nei fondamenti e nelle fondamenta di una struttura che intende ristrutturare. Il termine “ricostruire” ricorre spesso nell’intervento che il presidente francese pronuncia nell’Aula del Parlamento europeo riuniti a Strasburgo. Usa il termine per le relazioni con i Balcani occidentali, con il continente africano – fronti importanti per le politiche dell’UE e la sua riuscita – ma lo usa soprattutto per riferirsi allo spirito dei tempi passati andato perduto. “L’Europa si basa su una promessa di democrazia, una promessa di progresso, una promessa di pace. Oggi queste tre promesse vacillano“.
Macron è in campagna elettorale, ma si rivolge alle delegazioni di tutti gli Stati membri. Parla a nome della Francia, dal momento che la sua Repubblica detiene la presidenza di turno del Consiglio dell’UE, e si impegna a titolo personale per “rebâtir”, ricostruire, l’Europa oggi alle prese con passi indietro. Ma è consapevole che non può assumersi troppi impegni nel momento dell’incertezza elettorale, e allora chiede aiuto agli europei.
“Sono nato nel 1977, e in quel momento, per la mia generazione, l’Europa era l’evidenza”. La realtà acquisita. “Tutti insieme, contro le storie di divisioni e lotte tra europei, abbiamo creato questa evidenza, realizzato e un sogno, lo abbiamo reso tangibile, utile. E’ per questo che ho fiducia in noi”. Interventi che gli valgono il fragoroso applauso dell’Aula, a cui ricorda che quel sogno diventato realtà ormai non può più essere dato per scontato nè acquisito.
Se negli anni Settanta i giovani erano la generazione che davano l’Unione europea per certa, oggi, a distanza di decenni, “siamo una generazione che riscopre la precarietà dello Stato di diritto“. Un qualcosa su cui non si può lasciar correre, poiché “la fine dello Stato di diritto è l’inizio dell’arbitrarietà e il ritorno dell’autoritarismo”. Macron lo scandisce chiaro e tondo: “Lo stato di diritto è il nostro tesoro”, e rientra in qulle promesse che oggi appaiono disattese. “Dobbiamo ritornare a queste tre promesse” di democrazia, progresso e pace.
Da questo punto di vista la presidenza francese “sarà un presidenza di promozione dei valori”, che sono quelli “riconosciuti e accettati da tutti al momento dell’adesione” all’Europa. Messaggi per Polonia e Ungheria, protagonisti in politiche oggetto di censura delle istituzioni europee che certificano l’Europa della retroguardia. L’inquilino dell’Eliseo invita i suoi interlocutori a lavorare per “rendere ancora una volta l’Europa una potenza economica, culturale ed educativa”.
Per rispondere a questo obbligo occorre vincere le “tre grandi sfide” che l’Europa degli Stati ha di fronte a sé: sostenibilità, digitale, la difesa. Per la prima “occorre investire nelle tecnologie del futuro, che si tratti di batterie o idrogeno”, così da “rispondere alle esigenze ecologiche”. Per la seconda “serve un vero mercato unico”, quanto alla terza “non dobbiamo subire le scelte degli altri, la nostra sovranità è la nostra libertà”. Si tratta di “costruire” nuove relazioni con l’Africa e i Balcani occidentali, per combattere terrorismo, povertà, immigrazione irregolare e “rendere sicuri le nostre frontiere”.
Il tempo per ricostruire l’Europa e mantenere le tre promesse su cui poggia è questo, e rischia di essere poco. almeno per questa maggioranza francese. Macron promette che finché potrà “combatteremo per la democrazia liberale, per evitare le ingerenze straniere nelle nostre elezioni”, per quell’evidenza che oggi così evidente non è. Nel farlo, invita l’Aula a fare altrettanto.