Bruxelles – Una strategia globale anti COVID fatta di dosi di richiamo somministrate a distanza ravvicinata “non è sostenibile a lungo termine”. Può ridurre il livello di anticorpi e, per ora, l’Agenzia europea per i medicinali (EMA) non ha prove sulla necessità di somministrare una quarta dose per la popolazione generale. Insiste di nuovo su questo Marco Cavaleri, responsabile della strategia sui vaccini dell’EMA, nel briefing virtuale con la stampa che si è tenuto oggi (18 gennaio) e che conferma quanto aveva già sostenuto una settimana fa.
“La somministrazione ripetuta di dosi booster (aggiuntive) con intervalli molto brevi potrebbe ridurre il livello di anticorpi che possono essere prodotti ad ogni somministrazione”, ha spiegato. Il problema è il calo della risposta del sistema immunitario al coronavirus oltre al fatto che a livello globale, ormai è evidente, manca una chiara strategia per affrontare la COVID-19 a lungo termine. In futuro, “se risultasse necessario ri-vaccinarci” – ha precisato Cavaleri – gli enti regolatori nazionali come l’italiana AIFA (Agenzia italiana del farmaco) dovrebbero tenere in considerazione la possibilità di somministrare i richiami “all’arrivo della stagione fredda” come viene fatto annualmente per l’influenza stagionale. “Ciò aumenterebbe la risposta anticorpale quando ne abbiamo più bisogno”.
Il messaggio ai governi è chiaro: non si può andare avanti con dosi di richiamo, anche se la diffusione di Omicron preoccupa. “I dati epidemiologici dall’Europa mostrano un numero crescente infezioni, che è in gran parte guidato dalla diffusione della variante Omicron”, ha esordito Cavaleri. Ma la brusca frenata di EMA sui richiami e sulla quarta dose arriva dopo che alcuni Paesi extra UE hanno iniziato con le campagne per il quarto richiamo: Israele a fare da apripista a fine dicembre (solo per gli over 60 anni, operatori sanitari e immunodepressi) e il Cile che ha annunciato la campagna di richiamo una settimana fa.
Dal canto suo l’EMA precisa di non “avere ancora visto i dati sulla quarta dose”. “Attualmente, non ci sono prove della necessità di una quarta dose nella popolazione generale”. Come sempre, diverso il discorso per le persone con sistema immunitario gravemente indebolito – la cui risposta immunitaria potrebbe essere compromesso – per le quali “sarebbe ragionevole che le autorità sanitarie pubbliche prendessero in considerazione la somministrazione di una quarta dose di vaccino anti COVID” già da ora.
Sul tavolo dell’EMA non solo i dubbi su una eventuale quarta dose da somministrare in Europa (ad esempio l’Ungheria già ci sta pensando), ma si ragiona anche su quale sia la strategia vaccinale più funzionale per un virus che continua a replicarsi in nuove varianti. “C’è bisogno di una strategia a lungo termine sulle tipologie di vaccini necessari per gestire la COVID-19”, ha spiegato il responsabile. Una discussione che non è in corso solo in seno all’EMA, ma a livello globale si divide tra politica e scienza: gli enti regolatori internazionali si sono incontrati nei giorni scorsi per discutere proprio di questo. Con l’insorgenza della nuova variante Omicron, le aziende farmaceutiche hanno iniziato il processo di adattamento dei vaccini già autorizzati ma potrebbe non essere la strada giusta da seguire.
Secondo l’EMA i produttori di vaccini dovrebbero lavorare su più di un vaccino aggiornato per il Coronavirus e non considerare solo un medicinale fatto su misura per la variante Omicron. Le varianti – come ormai è chiaro da questi due anni di pandemia – sono in rapida evoluzione, quindi l’EMA non esclude che anche i vaccini debbano affrontare più di una variante. “Quello che sentiamo anche da altre agenzie di regolamentazione è che è importante non escludere alcuna opzione”, ha spiegato. “Bisogna considerare non solo un vaccino monovalente in questo momento, ma forse anche un vaccino bivalente o anche un vaccino polivalente” (ovvero che hanno efficacia in più di un caso).