Bruxelles – Orbán contro tutti. È questo il trailer delle prossime elezioni parlamentari in Ungheria, che si terranno il 3 aprile. L’annuncio della data per la convocazione degli elettori è arrivato nel tardo pomeriggio di ieri (martedì 11 gennaio) dal presidente della Repubblica, János Áder.
Per l’attuale primo ministro, Viktor Orbán, si tratta di una resa dei conti con l’opposizione unita. I sei partiti che contestano il sistema di governo del partito Fidesz (il Partito Socialista Ungherese, i verdi di Dialogo per l’Ungheria e di La politica può essere Diversa, la destra nazionalista di Jobbik, i progressisti di Coalizione Democratica e i liberali di Movimento Momentum) si sono uniti sotto il nome dell’economista conservatore Péter Márki-Zay, candidato-premier che ha promesso battaglia al “sistema criminale in atto da 12 anni”, e hanno eletto candidati comuni nei singoli distretti elettorali.
A meno di tre mesi da quelle che l’opinione pubblica di tutta Europa considera le elezioni più combattute e decisive dell’ultimo decennio in Ungheria, i sondaggi danno un testa a testa tra i due sfidanti, con Orbán in leggero vantaggio. Il premier ha ricevuto una settimana fa l’endorsement dell’ex-presidente statunitense, Donald Trump, ma è anche ritenuto uno dei maggiori responsabili delle tensioni interne al Gruppo di Visegrád (fondato nel 1991 da Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria e Polonia per promuovere il loro ingresso nell’UE e nella NATO), a causa delle continue violazioni dello Stato di diritto e degli scontri con le istituzioni dell’Unione Europea.
A proposito di violazioni dello Stato di diritto e dei diritti umani, lo stesso giorno delle elezioni per il rinnovo dell’Assemblea nazionale dell’Ungheria gli elettori saranno anche chiamati a esprimersi sul controverso referendum sui diritti LGBT+ convocato dal governo Orbán. Come rilevato dalla Commissione Europea – aprendo la procedura d’infrazione contro l’Ungheria – il disegno di legge pone l’omosessualità, il cambio di sesso e la divergenza dall’identità personale corrispondente al sesso alla nascita allo stesso livello della pornografia, considerandole pratiche che esercitano influenza negativa sullo sviluppo morale e fisico dei minorenni.
Già nel luglio dello scorso anno, a ridosso dei duri scontri con la Commissione UE e con gli altri Paesi membri, il premier ungherese aveva anticipato i cinque quesiti referendari. Le schede riporteranno le seguenti domande: 1) Sei a favore dello svolgimento di presentazioni negli istituti di istruzione pubblica che introducano i minori a temi sull’orientamento sessuale senza l’autorizzazione dei genitori? 2) Sei a favore della promozione di trattamenti di riassegnazione di genere per i minori? 3) Sei a favore che trattamenti per la riassegnazione di genere siano messi a disposizione dei minori? 4) Sei a favore che ai minori vengano mostrati, senza alcuna restrizione, contenuti media di natura sessuale in grado di influenzare il loro sviluppo? 5) Sei a favore che ai minori vengano presentati contenuti multimediali che mostrino la riassegnazione di genere?
Per Bruxelles si tratta di una “violazione della dignità umana, della libertà di espressione e di informazione, del rispetto della vita privata e del diritto alla non discriminazione”. Non è un caso se a inizio dicembre 2021 la Commissione Europea ha deciso di portare avanti la procedura d’infrazione contro le violazioni dei diritti LGBT+, dando al governo ungherese due mesi di tempo per allinearsi alle richieste UE. La convocazione del referendum per il 3 aprile sembra andare però in direzione diametralmente opposta. Così come per le elezioni parlamentari, l’opposizione in Ungheria è unita contro il referendum, mentre i gruppi per la difesa dei diritti umani hanno invitato gli elettori a esprimere voti non validi.