Bruxelles – Qualcuno storce già il naso. Il fronte ecologista promette battaglia, ma la scelta sull’energia è quella su cui l’Europa si gioca il suo futuro. C’è tutta la sostenibilità politica, prima ancora che ambientale. Mentre il fronte del ‘no’ già boccia le proposte della Commissione europea su gas e nucleare per la questione ‘verde’, in molti dimenticano – o fanno finta di ricordare – la valenza geopolitica dell’uranio, necessario per produrre energia da atomo. La verità è che il nucleare è politicamente rischioso almeno quanto il gas.
La realpolitik potrebbe indurre a considerare una ‘virata’. La Russia ha fatto del gas naturale la sua principale leva sul Vecchio continente. Può usarla come arma di pressione e divisione, è già accaduto in passato. Nel mondo di oggi, sempre più instabile e con l’Europa sempre più schiacciata nella morsa delle politiche dei grandi Paesi, smarcarsi diventa fondamentale. Continuare a rifornirsi di gas a est vuol dire dare linfa al regime di Putin, contribuire a sostenerlo economicamente. Decidere di chiudere i rubinetti del gas, invece di farseli chiudere, cambierebbe, e di molto, i rapporti di forza con Mosca, che si vedrebbe privata di una principale fattore di pressione. Ma servirebbe all’Europa?
Se si dà un’occhiata alla cartina geografica, ci si accorge che uranio in Europa non c’è. I principali produttori sono Kazakistan, Canada, Australia, Namibia, Uzbekistan, Niger. E poi Russia e Cina. Anche da un punto di vista geopolitico la scelta del nucleare porta con sè incognite. Permette di svincolarsi da Mosca, ma induce a nuove relazioni. Non è una novità. L’Europa dell’energia non c’è e non ci può essere nella misura un cui non ci sono le risorse. L’UE e i suoi Stati non hanno petrolio, non hanno gas, non hanno uranio.
Da questo punto di vista la strada delle energie rinnovabile, quelle che possono derivare dalle fonti che non scarseggiano mai (sole, vento, correnti marine) è certamente la via che garantisce di tagliare lacci e laccetti dai polsi dell’Europa. Ma il nucleare è rischioso. La Commissione europea, che culla sogni di soggetto capace di agire sullo scacchiere internazionale, va incontro ai suoi Stati. Dieci su 27 che spingono per il nucleare civile non sono pochi. Anzi. Ma scegliere l’atomo vuol dire prendersi tutti i rischi del caso. Il nucleare è politicamente rischioso. La Cina è molto attiva in Africa, e rivolgersi al produttore africano rischia di gettare l’Europa nella braccia del dragone. Kazakistan e Uzbekistan, per storia e tradizione, sono più vicine a Mosca che ad altre capitali. Ecco perché procedere con l’atomo può non essere sostenibile. Ma nell’incapacità di essere autosufficienti si renderanno obbligatorie delle scelte. Da cosa l’UE vorrà dipendere determinerà anche da chi l’UE sarà inevitabilmente dipendente.