Bruxelles – Se anche a certe condizioni e per un tempo limitato, la Commissione Europea vuole includere gli investimenti verso centrali nucleari e a gas nella ‘tassonomia verde’, il sistema europeo di classificazione delle attività economiche sostenibili. Dopo averla a lungo rinviata, l’Esecutivo comunitario ha trasmesso agli Stati nella notte tra il 31 dicembre e il primo gennaio la bozza di atto delegato della tassonomia che andrà a definire in che modo etichettare il gas e l’energia nucleare tra le attività utili alla transizione ecologica.
Sessanta pagine di documento che Eunews pubblica e in cui la Commissione Europea riconosce il “potenziale del gas fossile e dell’energia nucleare per contribuire a decarbonizzare la nostra economia”, come attività di transizione. Con la tassonomia – di cui il primo atto delegato è stato pubblicato ad aprile – Bruxelles spera di mobilitare grandi somme di capitale (soprattutto privato) in attività che contribuiscano agli obiettivi climatici e ambientali dell’UE. Le attività escluse dalla tassonomia non saranno vietate nell’UE, ma è inevitabile che saranno ridimensionate non potendo accedere ai finanziamenti.
Piani di smaltimento per il nucleare
Che gas e nucleare sarebbero finiti nella tassonomia europea era ormai chiaro da tempo, l’incognita era diventata capire in quali termini e a quali condizioni. La bozza afferma che gli Stati UE dovranno garantire che gli impianti nucleari non causino “un danno significativo” (do no significant harm) all’ambiente, tra le altre cose mettendo a punto piani per lo smaltimento sicuro delle scorie nucleari, tra i principali problemi legati al nucleare che, a differenza del gas, non produce emissioni di CO2. I permessi per la costruzione di nuovi impianti nucleari non potranno essere rilasciati dopo il 2045 dalle autorità nazionali, mentre per estendere la vita degli impianti esistenti le autorizzazioni andranno rilasciate entro il 2040. I nuovi impianti nucleari serviranno alla produzione di elettricità e/o calore o di processi industriali, primo tra tutti l’UE menziona la produzione di idrogeno.
Per assicurare di non recare danno all’ambiente, la creazione di nuove centrali è subordinata all’attivazione di un fondo per la gestione dei rifiuti radioattivi e lo smantellamento degli impianti a fine vita. I governi dovranno quindi dettagliare un piano per fare entrare in funzione, al più tardi entro il 2050, un impianto a livello nazionale per lo smaltimento di rifiuti altamente radioattivi, sul quale dovranno riferire ogni 5 anni alla Commissione UE sullo stato di avanzamento. Altra condizione che viene menzionata dalla Commissione è che i gas serra emessi nella generazione di elettricità da energia nucleare si mantengano sotto della soglia di 100 g di CO2 equivalente per kilowattora (CO2e/kWh).
Basse emissioni per il gas
Nuovi criteri anche per il gas naturale, che Bruxelles considera e chiama “fonte di transizione” per la decarbonizzazione. Rispetto al nucleare, le condizioni di ammissibilità sono più stringenti: saranno considerati “sostenibili” gli impianti esistenti con emissioni inferiori a 100 grammi di CO2 equivalente per kWh, mentre i nuovi impianti dovranno ricevere il permesso di costruzione entro il 31 dicembre 2030, con emissioni di gas serra inferiori a 270 g di CO2 equivalente per kilowattora (kWh) e soprattutto dovranno andare a sostituire un impianto a combustibili fossili più inquinante e già in attività. Dal 2026 le centrali a gas dovranno utilizzare almeno il 30 per cento di gas rinnovabili o a basse emissioni, nell’ottica di far funzionare le centrali elettriche a gas dal 2035 solo con “gas a basse emissioni di carbonio”, che la Commissione definisce come gas che emettono il 70 per cento in meno di gas serra rispetto al gas naturale convenzionale.
L’iter della bozza
Il documento trapelato non è altro che una bozza, che la Commissione europea ha trasmesso agli Stati e su cui sabato ha avviato una consultazione per ascoltare il parere del gruppo di esperti sulla finanza sostenibile dei Ventisette. Avranno tempo fino al 12 gennaio per intervenire sul progetto di atto delegato con commenti prima che venga presa una decisione finale dalla Commissione, presumibilmente entro fine mese. Il testo sarà poi inviato ai co-legislatori per l’approvazione finale, dove rischia di incontrare molte critiche: Parlamento e Consiglio avranno quattro mesi per esaminare il documento ed eventualmente opporsi, con la possibilità di chiedere un periodo extra di due mesi per valutare il testo. Gli Stati potranno opporsi a maggioranza qualificata rafforzata inversa, che significa almeno 20 Stati membri che rappresentino il 65 per cento della popolazione dell’UE, mentre il Parlamento europeo a maggioranza semplice (ossia almeno 353 deputati in seduta plenaria).
La battaglia politica su gas e nucleare
Il Consiglio è diviso soprattutto sulla questione nucleare, ma al momento non sembra esserci una maggioranza così allargata che possa affossare l’atto delegato. La Germania – che ha deciso l’addio al nucleare dopo il disastro di Fukushima e ha appena chiuso tre dei sui impianti ancora attivi – ha guidato nelle scorse settimane una piccola coalizione di Paesi (Austria, Danimarca, Lussemburgo e Portogallo) contrari all’introduzione del nucleare nella tassonomia, considerandola incompatibile con il principio ‘non causare danni significativi’ alla base del regolamento sulla tassonomia dell’UE. Il nuovo governo tedesco – espressione della coalizione tra Verdi, Liberali e Spd – ha subito criticato la mossa della Commissione Europea accusandola di “annacquare i nuovi criteri per la sostenibilità”, ha detto il ministro dell’Economia e della protezione del clima, Robert Habeck, che è anche vice cancelliere tedesco.
Sulla tassonomia europea si spacca anche lo storico asse di Berlino con Parigi. Oltre dieci Stati UE guidati proprio dalla Francia (Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Ungheria, Slovenia, Polonia, Bulgaria, Croazia, Finlandia, Romania, Slovacchia, Paesi Bassi) sposano la causa del nucleare, appellandosi al diritto di ciascuno di scegliere tra diverse fonti di energia per il proprio approvvigionamento. I Paesi rimasti fuori dall’elenco non hanno preso una posizione ufficiale a Bruxelles, come l’Italia che attraverso il ministro per la transizione Roberto Cingolani però ha lasciato intendere di essere favorevole all’impiego dell’energia dell’atomo di “nuova generazione”, come i piccoli reattori modulari che possono essere usati per la produzione di calore ed elettricità. Come la Germania, l’Italia ha abbandonato la produzione di energia elettrica dal nucleare dopo un referendum del 1987, e ancora oggi sconta il fatto di non aver saputo costruire un centro nazionale per lo stoccaggio e lo smaltimento dei rifiuti radioattivi di cui si discute da anni.
All’Europarlamento, dove basta una maggioranza semplice per opporsi, sarà netta l’opposizione dei Verdi europei che hanno accolto con estrema freddezza le indiscrezioni sulla tassonomia insieme al mondo ecologista. “Energia nucleare e gas non sono fonti energetiche sostenibili e rispettose del clima, ma con questa proposta si collocano alla pari del solare e dell’eolico”, accusa Michael Bloss, portavoce dei Verdi per la politica climatica. “La tassonomia perde così importanza e manca la chiarezza per i cittadini che vogliono investire i propri soldi in sostenibilità”.
Si tratta di un “oltraggio al Green Deal europeo e una sconfessione di decisioni e percorsi già intrapresi per avviare la transizione ecologica”, aggiunge l’eurodeputata Eleonora Evi, citando i green bond emessi dalla Commissione europea per ripagare il debito comune contratto per il Next Generation EU. “Di fatto, l’inserimento di gas e nucleare in tassonomia apre le porte agli investimenti pubblici e privati in questi settori, portando la politica climatica ed energetica dell’Unione europea su una strada completamente sbagliata”, aggiunge esprimendo delusione, ancor più “perché l’Italia, nella persona del ministro Cingolani, ad oggi con tutta evidenza pare essersi schierata tra i paesi che hanno detto sì a nucleare e gas come investimenti sostenibili”.
In Parlamento europeo i conservatori europei (ECR) invece difendono la scelta della Commissione. “Il nucleare è una soluzione di lungo periodo per le necessità energetiche dell’Europa”, sostiene Alexandr Vondra, coordinatore in commissione Ambiente. “Senza la promozione del nucleare, lo scenario dei prezzi elevati dell’energia potrebbe peggiorare in futuro”. Inoltre, sostiene, “senza il nucleare, il Green Deal non funzionerà. Diventerà oneroso e costoso per ampi segmenti della popolazione”.