Bruxelles – Ventuno accordi politici chiusi con l’Europarlamento, qualche passo avanti sul fronte digitale e anche sulla sanità, ma scarsi quelli sull’allargamento e l’ambiente. E’ una presidenza che difficilmente passerà alla storia quella della Slovenia alla guida dell’UE, avviata lo scorso primo luglio e chiusa il 31 dicembre per lasciare le redini dell’UE alla Francia di Emmanuel Macron.
A luglio si era avviata non senza difficoltà, con un contrasto latente ma presente con le altre due Istituzioni dell’UE, Parlamento e Commissione, sui temi dello stato di diritto e dei valori europei. Lubiana è la quarta presidenza direttamente investita dall’emergenza COVID-19, dopo Croazia, Germania e Portogallo, e in quanto tale ha visto la sua agenda semestrale in buona parte concentrata sul virus. “Abbiamo fatto del nostro meglio per garantire che la maggior parte delle riunioni si tenesse di persona, il che ha contribuito alla positiva chiusura di dossier che attendevano da tempo”, ha ammesso il premier sloveno Janez Janša, in una conferenza stampa al termine dell’ultimo Consiglio europeo dell’anno che si è svolto il 16 dicembre.
Resilienza e ripresa erano le parole indicate da Lubiana all’avvio del semestre. Passi avanti sono stati fatti proprio sul fronte sanitario, non tanto nella gestione del COVID che durante l’estate è stata relativamente facile, quanto nella costruzione dell’Unione Europea della Salute, il piano dell’UE per migliorare la propria risposta a future crisi sanitarie. I dossier sul tavolo erano quattro, Lubiana è riuscita a concludere i negoziati con il Parlamento europeo sul mandato rafforzato per l’Agenzia europea per i medicinali (EMA) e l’estensione del mandato del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie”, oltre ad aver concordato una posizione comune all’interno del Consiglio dell’UE sulla nuova HERA, la nuova autorità europea di risposta alle crisi.
Altra priorità era la “resilienza informatica” e più in generale il digitale. Gli Stati membri hanno raggiunto il mese scorso un accordo sul Digital Services Act e sul Digital Markets Act, i due pilastri della rivoluzione digitale che l’UE mette in atto anche per regolamentare le Big tech. “Entrambi gli atti sono un importante passo avanti nella costruzione del nostro futuro digitale”, ha riconosciuto il premier sloveno. L’accordo spiana la strada a un compromesso politico con gli eurodeputati, che hanno approvato la loro posizione all’ultima plenaria di dicembre. Con l’Europarlamento la presidenza è riuscita ad accordarsi inoltre per estendere al 2032 il roaming mobile senza costi aggiuntivi.
Scarsi i passi avanti sul fronte ambientale e climatico, ma a Lubiana è spettato il compito difficile di avviare le discussioni sull’ambizioso pacchetto sul clima ‘Fit for 55’ presentato a metà luglio dalla Commissione Europea. Con così poco tempo a disposizione e tanti dossier sul tavolo, nessuno avrebbe saputo fare di meglio, ma in qualche modo è stato avviato il dialogo tra gli Stati membri che cercheranno un accordo politico sotto la presidenza francese almeno su una parte consistente dei fascicoli. Proprio in chiusura del semestre, lo scorso 16 dicembre, la presidenza è riuscita a concludere un accordo politico con gli eurodeputati sulla revisione del regolamento TEN-E, l’insieme delle norme europee che definiscono quali progetti energetici transfrontalieri possono essere considerati “progetti di interesse comune (PCI)”, dando loro accesso a determinati fondi europei.
Lubiana aveva puntato molto sull’allargamento per dare nuovo impulso al processo di adesione del Balcani Occidentali all’Unione europea, su cui però non si sono registrati progressi. La presidenza slovena ha organizzato il summit sui Balcani occidentali a Kranj il 6 ottobre, per rilanciare il processo di adesione almeno per quanto riguarda Macedonia del Nord e Albania, risoltosi nell’ennesimo nulla di fatto. Per Jansa invece è stato dato lo stesso “un segnale importante, rafforzando così la prospettiva di adesione all’UE per i Balcani occidentali”.Un nulla di fatto che si osserva anche nei negoziati sul patto sulla migrazione e l’asilo, presentato dalla Commissione a settembre 2020 e su cui nessuna presidenza UE finora è riuscita a fare nulla date le troppe divisioni tra Stati membri. Anche se nel caso della presidenza di Lubiana non sono mancate occasioni per riaprire il dibattito, dalla recente crisi al confine tra Polonia e Bielorussia, al ritiro delle potenze occidentali dall’Afghanistan in agosto e quella che l’UE ritiene essere una crisi migratoria in atto. Né da parte di Lubiana né da parte degli altri Stati membri c’è stata volontà politica di affrontarla.