Roma – “Il governo ha raggiunto diversi obiettivi”. “Chiunque lo guiderà, il governo arrivi fino alla fine della legislatura”. “Sono un nonno al servizio delle istituzioni”. Tre indizi, quasi una prova, anzi, una candidatura disponibile per il Quirinale.
Nel futuro di Mario Draghi si scopre qualcosa anche se lui davanti ai giornalisti nella tradizionale conferenza stampa di fine anno, nasconde la meta del Colle più alto. “Tutto dipende dalle scelte delle forze politiche, le mie aspirazioni non contano” spiega il premier bersagliato dalla domanda cruciale, a trenta giorni dalla convocazione delle Camere in seduta comune per eleggere il tredicesimo presidente della Repubblica.
I partiti, “che hanno sostenuto fin qui il governo con grande responsabilità”, hanno il pallino, fa capire Draghi e la strada per uscire dall’impasse è “un presidente eletto da una ampia maggioranza” che non divida quella che regge il governo, viceversa le conseguenze sarebbero meno prevedibili per il prosieguo della legislatura.
Così Draghi ha giocato le sue carte semi coperte. Ai leader delle forze politiche ora il compito di prendere appunti e prepararsi alla corsa quirinalizia. L’ultima indicazione sulle caratteristiche del futuro capo dello Stato: “L’esempio è quello di Mattarella, come credo che pensino la maggioranza degli italiani, che ha svolto il suo ruolo con dolcezza ma anche fermezza”.
In quasi due ore di conferenza stampa sono stati toccati gli argomenti più stringenti, come la nuova ondata pandemica innescata dalla variante Omicron, per la quale verranno adottate da domani nuove disposizioni “per difendere quei piccoli spazi di normalità che abbiamo conquistato”. Decisioni “sempre dettate dai dati e mai politiche”, precisa, ripetendo ancora una volta gli appelli alla vaccinazione, alla terza dose appena possibile, ai comportamenti responsabili.
Draghi torna anche sui brevetti dei vaccini: “La proposta dell’UE per una deroga temporanea è sul tavolo del WTO ma gli USA si oppongono. Sulle donazioni abbiamo fatto più di chiunque altro, dagli Stati Uniti invece tante promesse ma poche consegne”
L’economia in ripresa è l’altro tema che gli consente di ricordare i traguardi del PNRR, “i 51 obiettivi tutti rispettati”, e pure i vaccini – per i quali siamo davanti a tanti Paesi come Francia Germania e Regno unito – portano a numeri significativi sulla crescita e ora anche dell’occupazione. Non è ancora “un trend di lungo periodo”, ammette il premier ma “è la crescita a farci uscire dal debito, rinforzando le riforme e la stabilità politica di fondo”.
Le domande scivolano così sulla riforma del patto di stabilità “una partita che l’Italia può giocare: “Le regole fiscali servono ma devono essere ragionevoli, non dannose come quelle che abbiamo conosciuto e questa è una visione che in Europa trova un consenso più o meno favorevole, quindi l’Italia può farcela”. Draghi spiega che “molti Paesi stanno lavorando per questo” e i prossimi mesi saranno decisivi (prima ancora del 2023) perché “prima facciamo e meglio è”.
Anche per gli aiuti di Stato, per i quali è stata allungata la deroga di qualche mese “la pandemia ha cambiato l’approccio (e anche i pregiudizi nei confronti dell’Italia)”. Gli investimenti necessari per la transizione ecologica e digitale “non sono possibili senza aiuti dello Stato e le regole dovranno essere compatibili con queste esigenze”.
Immigrazione e politica estera gli altri temi che coinvolgono l’Italia con l’Europa che “hanno fatto e stanno facendo di tutto per avviare la stabilizzazione nonostante l’ennesimo slittamento delle elezioni in Libia. La strada per Mario Draghi è avere un approccio di “equilibrio, umano ed efficace”, e quindi quella dell’immigrazione regolare. Cambiare dunque “completamente” il metodo dell’accoglienza perché in Europa “avremo un grandissimo bisogno di manodopera con flussi regolari”. Poi accordi per i rimpatri volontari e corridoi umanitari che “non sia solo l’Italia a fare”.
Infine, il dossier Russia. Draghi si chiede che tipo di deterrenza reale può avere l’UE, di fronte all’escalation di truppe concentrate ai confini con l’Ucraina. Poca, risponde, né militare, né economica, gas compreso. Perciò l’Europa “con Putin deve mantenere l’ingaggio, per non scivolare verso decisioni irreversibili”. La realpolitik draghiana porta a non toccare lo scacchiere e riportare Russia e Ucraina al rispetto degli accordi di Minsk che “non sono stati osservati da entrambe le parti”.