Bruxelles – Le regole europee in materia di COVID sono saltate, e l‘ultimo in ordine di tempo ad aver contribuito a questa deflagrazione è Mario Draghi, atteso come tutti i leader dell’UE per il vertice dei capi di Stato e di governo dell’UE. Questi, in occasione del summit del Consiglio europeo di domani (16 dicembre), sono chiamati a confrontarsi sulla gestione della pandemia. L’imperativo dichiarato è insistere su vaccinazione in Europa e coordinamento, come peraltro messo nero su bianco dal presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, nella tradizionale lettera di invito ai leader. Ma mentre la pandemia riprende a correre i governi si complicano la vita creando confusione, incertezze e fraintendimenti.
In linea di principio tutto ciò che è salute e sanità resta di competenza degli Stati membri, e per di più i governi avevano deciso che si potessero reintrodurre misure restrittive anche per possessori di green pass se la situazione fosse precipitata, come è successo. Irlanda, Portogallo e ora Italia hanno già fatto uso di questo ‘freno d’emergenza’, e arrivano al tavolo dando l’idea di un’Europa che procede in ordine sparso, in preda al panico, e sconfessando sé stessa.
L’avanzata della variante Omicron, alla base delle nuove misure restrittive adottare a livello nazionale, lancia un messaggio che va nella direzione contraria di tutti gli sforzi compiuti finora. Il vaccino non basta più e così il green pass. “Abbiamo visto le azioni unilaterali degli Stati, e mi aspetto che questo sarà parte del dibattito”, confida una fonte europea. “Ma riteniamo che ci sia ancora la necessità di coordinamento“. Tradotto: il vertice deve servire a rimettere ordine, o quanto meno chiarezza.
La sensazione è che questo vertice, l’ultimo del 2021, non servirà a trovare una quadra. Fonti diplomatiche ravvisano la possibilità di “scambio di opinioni sul tema”, ma non si sbilanciano su conclusioni vere e proprie. La quarta ondata è un dato acquisito, e la conseguente possibilità di “misure restrittive o di contenimento al fine di garantire sicurezza e libertà di circolazione”, seppur limitata, è tutt’altro che remota. Anzi.
Una parte d’Europa è indietro nelle vaccinazioni (in Romania la popolazione pienamente vaccinata è ferma al 46,6 per cento, e in Bulgaria l’indice non è troppo diverso), questo il problema frutto dell’incapacità di imporre obblighi vaccinali per tutti, questione che con ogni probabilità verrà sollevata ma che ricade nelle competenze dei singoli Stati. Su questo come su altri temi il rischio reale è un’Europa a geometrie variabili. Non certo un segnale incoraggiante.
Sul fronte della dimensione esterna, ci si attende un invito a fare più in fretta e meglio sulla condivisione dei vaccini con i Paesi terzi, in particolare quelli del continente africano. L’UE ha promesso la consegna di 500 milioni di dosi, di cui solo 135 milioni risultano consegnate a oggi. “Quelli messi da parte sono meno di quelli promessi, e quelli consegnati sono meno di quelli messi da parte”, riassumono gli addetti ai lavori. Per questi si darà enfasi alla spinta su dimensione esterna.
Il vertice dei leader, su questo, non inizia sotto i migliori auspici. Al contrario, attorno al tavolo c’è un’Europa in ritardo, in preda al panico, incapace di gestire la situazione, e con le proprie regole saltate.
Ma anche la Russia propone, una volta di più, un’Europa divisa. I leader sono pronti a stabilire che ogni manovra e operazione militare nei confronti dell’Ucraina vedrà una risposta “decisa”, ma il blocco dei soliti noti – Italia, Germania, Spagna, Francia – che vede nella linea dura l’ultima spiaggia si contrappone a quanti vorrebbero invece una reazione più muscolare.
Nell’agenda, che contempla anche l’andamento dei prezzi dell’energia, ripresa e dimensione esterna dell’immigrazione, “abbiamo due crisi”, quella sanitaria e quella russo-ucraina. E per nessuna delle due l’Europa sembra avere risposte all’altezza della situazione.