Strasburgo – È ormai diventato un (triste) appuntamento fisso alla plenaria del Parlamento Europeo, di cui se ne farebbe volentieri a meno. Ma la situazione dei diritti umani in Polonia non sembra migliorare, in particolare sulla questione del diritto all’aborto, e questo implica la necessità di tenere alta l’attenzione nelle istituzioni comunitarie.
Dall’ultima sessione di novembre, in cui era stato condannata la morte di una donna causata dall’applicazione della legge anti-aborto, in Polonia ci sono stati due nuovi sviluppi, che non promettono nulla di buono. Lo scorso 24 novembre la Corte Costituzionale polacca ha stabilito che la Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) è incompatibile con la Costituzione del Paese, in particolare per quanto riguarda il diritto a un processo equo di fronte a un tribunale indipendente e imparziale (secondo l’articolo 6). A inizio dicembre, dopo aver archiviato la richiesta del movimento pro-vita di rendere l’aborto un reato in qualsiasi caso (anche se da un anno la legislazione polacca è diventata particolarmente stringente), il partito al governo Diritto e Giustizia ha iniziato a progettare l’istituzione dal 2022 di un registro centralizzato delle gravidanze, che obbligherebbe i medici a segnalare tutte le gravidanze e gli aborti spontanei nel Paese.
“Ogni volta che si pensa che la situazione dei diritti umani sia arrivata al punto più basso, il governo polacco trova un modo per smentirci”, ha riassunto con efficacia Samira Rafaela (Renew Europe), nel suo intervento in plenaria. “Già due donne sono morte in Polonia a causa della legge anti-aborto e ora si vuole estendere il controllo sui loro corpi”, ha aggiunto l’eurodeputata, chiedendo alla Commissione UE di “sanzionare i Paesi membri che si macchiano di queste violazioni e non destinare nemmeno un centesimo dei fondi europei”.
Allineati tutti i gruppi politici al Parlamento UE, fatta eccezione (come sempre) per le destre di ID ed ECR. Danuta Maria Hübner (PPE) ha sottolineato che “la battaglia contro i diritti dei cittadini è una strada pericolosa”, a partire dall’incostituzionalità della CEDU: “Non è un documento qualsiasi e la stessa Unione Europea sta negoziando la sua adesione“. Nel momento in cui “si cede al totalitarismo, sono le donne a patirne per prime”, come dimostra la questione dell’aborto: “Il registro della Polonia è uno scenario che fa pensare a Orwell”, ha puntato il dito l’eurodeputata popolare.
Dure critiche anche dalle fila dei socialdemocratici. Il presidente della commissione per le Libertà civili (LIBE), Juan Fernando López Aguilar, ha denunciato il “nuovo giro di vite” e si è chiesto eufemisticamente “fino a quando dovremo sopportare questi interventi della Corte di Giustizia polacca”. Sylwia Spurek (Verdi/ALE) ha ribadito “lo stato di paura in cui vivono le donne, che lo Stato possa inserirle in un registro e perseguirle per le scelte sul proprio corpo”. L’eurodeputata polacca ha sottolineato che “siamo arrivati a questo punto per compromessi e inerzia, rinviando al più tardi le questioni sui diritti umani” e si è ricollegata alla dichiarazione della collega Rafaela, chiedendo alla Commissione “quando farà uso degli strumenti a disposizione per evitare nuove violazioni dei diritti umani in Polonia”.
Eugenia Rodríguez Palop (La Sinistra) ha invece fatto un parallelismo con la Santa Inquisizione: “Il governo fa delle cittadine uno scudo umano per proteggersi dall’avanzata dei diritti del ventunesimo secolo”. L’eurodeputata italiana del Movimento 5 Stelle, Laura Ferrara, ha denunciato “gli attacchi ai diritti civili che allontanano ulteriormente la Polonia dai valori comuni europei” e i tentativi di “controllare e colpire chi si pone fuori dagli standard imposti nel campo dei diritti sessuali e riproduttivi”, invitando l’UE a “reagire con forza contro un aberrante piano” che sopprime il diritto all’aborto.
Le destre rimangono invece arroccate sulla “difesa delle prerogative degli Stati membri” e la “non violazione delle sfere di competenza dell’Unione Europea”, come ripetuto da Thierry Mariani (ID): “Le Costituzioni nazionali non devono piegarsi a uno Stato di diritto non meglio definito dai Trattati”. Gli ha fatto eco Jadwiga Wiśniewska (ECR): “Sanità e giustizia sono competenza esclusiva degli Stati membri”, ha ribadito con foga, senza fare alcuna menzione delle violazioni dei diritti umani nel suo Paese.