Bruxelles – “L’obbligo vaccinale è una decisione che spetta solo agli Stati membri, ma ora la priorità deve essere accelerare l’immunizzazione della popolazione europea, anche un solo Paese può mettere a rischio l’intera UE”. Al termine del Consiglio Salute che si è svolto ieri (7 dicembre) la commissaria Stella Kyriakides definisce l’attuale recrudescenza della pandemia da Coronavirus una “situazione difficile sotto molti punti di vista” tra la trasmissibilità della variante delta e l’incertezza sulle capacità di fuga immunitaria della variante Omicron. Mentre “aspettiamo che la scienza ci dica di più, dobbiamo agire in maniera coordinata”, ha detto in conferenza stampa.
L’UE “ha gli strumenti a disposizione per affrontarla e sono i vaccini”. Bruxelles prende atto del fatto che ci sono “ancora 6 Stati membri (Bulgaria, Romania, Slovacchia, Croazia, Polonia e Slovenia) sotto la soglia del 55 per cento degli adulti immunizzati e se ci sono aree meno vaccinate nell’UE è un rischio per tutti”, ha detto, invitando tutti a vaccinarsi. Attualmente il 77 per cento della popolazione adulta è vaccinata, ma solo il 66 per cento della popolazione totale europea (446 milioni di individui) è completamente immunizzata. “Questo significa che un terzo della popolazione europea non è ancora vaccinata, e oggi anche un solo Stato membro sotto la soglia può mettere a rischio l’UE”.
Quanto al dibattito sull’obbligo di vaccinazione, la materia rimane “competenza esclusiva degli Stati membri”. La commissaria cipriota ha aggiunto che è importante che la discussione “sull’obbligo vaccinale abbia luogo” ma questo non deve distogliere l’attenzione “dalla necessità di vaccinare il più rapidamente possibile e di mettere a disposizione medicinali”, ha spiegato la commissaria. “Quello di cui abbiamo bisogno, è continuare ad aumentare le vaccinazioni, ma sull’obbligatorietà è una decisione dei Paesi membri”. Un portavoce dell’Esecutivo europeo chiarisce a Eunews che la Commissione ritiene “appropriata” una discussione sull’obbligo come mezzo per “aumentare il tasso di vaccinazione” dove stenta ad aumentare.
Una discussione sull’obbligo vaccinale era attesa dopo l’apertura della presidente della Commissione, Ursula von der Leyen della scorsa settimana, ma non è arrivata, come aveva chiarito anche il ministro italiano Roberto Speranza a margine dei lavori del Consiglio. Secondo la commissaria è perché “la discussione non era all’ordine del giorno dei lavori del Consiglio”. Anche per il ministro sloveno Janez Poklukar, che ha presieduto la riunione, il dibattito a livello ministeriale non ha avuto luogo, ma perché il ricorso all’obbligo va considerato “l’ultima spiaggia”. Non si può fare affidamento solo ai vaccini per gestire la pandemia, ma per la Commissione Europea è importante che gli Stati membri “si concentrino anche sulle terapie” su cui l’UE ha avviato appalti congiunti di acquisto (come per i vaccini) e sui mezzi cosiddetti “non farmaceutici” per ridurre la trasmissione del virus, come il distanziamento, le mascherine, l’igiene. Una situazione che rischia di diventare più “difficile soprattutto con le feste di Natale che incombono. È una responsabilità collettiva” frenare i contagi.
Primo scambio di idee tra i ministri anche sulla validità della vaccinazione primaria del Green Pass. A quanto risulta dalle parole del ministro sloveno gli Stati membri non sono d’accordo su quanto farlo durare per i viaggi nell’UE: la proposta della Commissione – basata sulle raccomandazioni del Centro europeo per il controllo e la prevenzione delle malattie (ECDC) – prevede un periodo di 9 mesi dalla fine del primo ciclo vaccinale. “Alcuni Stati sono orientati per 6, altri per 12, anche se la maggior parte è orientato sui 9 mesi della Commissione”, ha riferito Poklukar in conferenza stampa. Un accordo tra i governi è previsto al più tardi entro il mese di dicembre, perché l’armonizzazione dovrebbe entrare in vigore dal 10 gennaio 2022. “Non vogliamo un approccio scoordinato che metta in pericolo l’efficacia del certificato digitale dell’UE”, ha ammonito i governi la commissaria Kyriakides, difendendo la scelta della Commissione sui 9 mesi come un “approccio basato sulla scienza”.