L’operazione dell’influencer italo-tedesco Riccardo Simonetti che ritrae la Madonna in sembianze trans è doppiamente sbagliata. Perché suscita il disgusto e la riprovazione dei credenti e attizza invece il dissacrante ludibrio dei non credenti con il risultato di scavare un più profondo divario fra le due parti, senza apportare nessun vantaggio alla causa della parità di genere. Ma dietro la provocazione che sta facendo tanto parlare c’è nascosta anche la percezione della figura della Madonna nel mondo protestante. La chiesa riformata non riconosce la santità della madre di Gesù Cristo e così si priva della devozione di una figura ancestrale, quella di madre e dea, già adorata dal mondo pagano sotto le sembianze di Cerere o Gea o di altre divinità legate alla terra e alla fecondità. Così è più facile per i protestanti prendere in giro la figura della Vergine ma questa disinvoltura cela anche una mancanza, un bisogno di Madonna e di madre di cui gli orfani luterani soffrono da sempre. Ricordo che in una chiesa luterana sperduta nella campagna finlandese trovai un quadro naïf che raffigurava un Gesù adulto che teneva in braccio un Gesù bambino. Tanta era la voglia di Madonna di quell’artista che era arrivato al paradosso del Cristo madre di se stesso pur di raffigurarne una, e questo in tempi ben lontani dalle rivendicazioni di genere. Chissà dunque che la scabrosa raffigurazione di Simonetti non sia solo una voglia di Madonna travestita.
Ma la questione della dissacrazione della Madonna oggi e del Natale pochi giorni fa con le direttive europee sul rispetto della parità di genere, ci riporta all’antica questione delle radici giudaico-cristiane dell’Europa, rivendicate dagli uni e negate dagli altri e in generale alla definizione della nostra identità di europei. Oggi sembra essere divenuta quasi una colpa rivendicare un’identità perché in ognuna si vede un principio di esclusione e di offesa di ogni altra. Invece è proprio nel riconoscimento della nostra identità e nella proclamazione delle nostre radici che possiamo trovare un più solido appiglio per andare incontro alla diversità ed esserne arricchiti, perfino rafforzati, cambiando sì, ma cambiando anche l’altro, nella costruzione di una nuova identità senza perdere nulla di quello che siamo. Riconoscere le innegabili radici giudaico-cristiane dell’Europa non significa proclamarsi giudei o cristiani ma essere consapevoli della nostra storia e saper decifrare il paesaggio culturale in cui viviamo. Se non vogliamo finire per aggirarci fra musei e chiese senza distinguere un San Sebastiano da un Sant’Antonio, come trogloditi fra le rovine di una civiltà superiore scomparsa. Allo stesso modo dobbiamo avere il coraggio di dire quel che non siamo e quindi di escludere dal nostro campo identitario elementi che non fanno parte della nostra storia o che vi rientrano solo marginalmente. Non è perché usiamo i numeri arabi che possiamo dirci una civiltà di cultura araba.
Saremo comunque più propriamente europei, e quindi figli della civiltà della ragione, quando al di là dei simboli e delle rappresentazioni sapremo cogliere di ogni espressione culturale quel che è universale e che travalica le appartenenze. Come accade per la Madonna che appunto ricalca la figura della maternità, della fecondità e della nascita comune a tutte le religioni. E comunque, anche fra noi accaniti atei, a chi mai piacerebbe abbracciare una mamma barbuta ? Al povero Cristo che sta per nascere già toccherà una brutta fine. Lasciamogli almeno la sua bella Madonna da sbaciucchiare.