Bruxelles – Avanti con criteri comuni per un salario minimo nel territorio dell’UE. Dopo il Parlamento europeo, anche il Consiglio è pronto a negoziare le nuove regole per una retribuzione di base, da non confondere con con la paga vera e propria. Quest’ultima rimane prerogativa degli Stati nazionali che già ne hanno una, ma resta l’idea di avere parametri comuni per determinarne la soglia.
Contratti collettivi, Parlamento e Consiglio hanno idee diverse
La proposta della Commissione europea vuole garantire la tutela del salario minimo attraverso collettivi o disposizioni legali, secondo le tradizioni nazionali e nel pieno rispetto delle competenze nazionali e dell’autonomia delle parti sociali. Il Consiglio dell’UE, nella sua posizione, insiste sulla necessità che i Paesi promuovano “il rafforzamento della capacità delle parti sociali di impegnarsi nella contrattazione collettiva”. In tal senso, “se la loro copertura della contrattazione collettiva è inferiore al 70 per cento, dovrebbero anche stabilire un piano d’azione per promuovere la contrattazione collettiva”. Una posizione diversa da quella del Parlamento europeo, che fissa una diversa soglia. L’Eurocamera vuole rafforzare il contratto collettivo nei paesi in cui copre meno dell’80% dei lavoratori.
I governi, sulla base della posizione dei ministri, si impegnano a riferire ogni due anni alla Commissione sul tasso di copertura della contrattazione collettiva, sul livello dei salari minimi di legge e sulla quota di lavoratori da essi coperti.
Controlli e risarcimenti, le posizioni sembrano convergere
I ministri del Lavoro riuniti oggi (6 dicembre) a Bruxelles si dicono d’accordo a fare in modo che nei Paesi dove già vige un salario minimo per legge cambino in modo da “mettere in atto un quadro procedurale per stabilire e aggiornare questi salari minimi secondo una serie di regole stabili”. Si invita inoltre a meccanismi di indicizzazione automatica, su cui invece il Parlamento non si esprime.
Il Parlamento chiede che le autorità nazionali garantiscano il diritto al risarcimento in caso di violazione dei loro diritti. Una posizione che si sposta con la soluzione del Consiglio, che esorta “controlli e ispezioni appropriati” ma solo per qui lavoratori che hanno diritto al salario minimo. L’Italia, tra i sei Stati membri senza retribuzione di base (assieme ad Austria, Cipro, Danimarca, Finlandia e Svezia) non sono toccati da questa proposta.
“L’avvio dei negoziati europei per l’approvazione finale della direttiva sul salario minimo è sicuramente una bella notizia”, sostiene l’europarlamentare del Movimento 5 Stelle, Daniela Rondinelli. Dura la replica del mondo delle imprese. “La politica sociale dell’UE non dovrebbe interferire con le competenze degli Stati membri“, la reazione di BusinessEurope. La Confindustria europea ribadisce la propria netta contrarietà all’iniziativa poiché le istituzioni comunitarie “sono intervenute profondamente nelle competenze degli Stati membri e delle parti sociali”, e così facendo “hanno indebolito la contrattazione collettiva e hanno imposto oneri eccessivi alle imprese”.