Bruxelles – Parola d’ordine: flessibilità. E’ quella che praticamente all’unisono i governi dei Ventisette chiedono alla Commissione Europea nel raggiungimento dei nuovi obiettivi climatici del pacchetto ‘Fit for 55’. Il dibattito sul rincaro dei prezzi energetici sembra aver oscurato quella che invece nel 2022 sarà la più grande impresa delle tre Istituzioni europee: trovare un accordo sui principali fascicoli – nuovi o di modifica di legislazione già esistente – che compongono il pacchetto sul clima presentato dalla Commissione Europea lo scorso 14 luglio per centrare gli obiettivi del Green Deal.
Al Consiglio Energia che si è tenuto ieri (2 dicembre) i ministri europei hanno fatto il punto sui negoziati in corso sulle direttive riviste sull’efficienza energetica e sulle rinnovabili, due dei fascicoli del pacchetto. La direttiva rinnovabili del 2018 ha fissato un obiettivo per il 2030 di almeno il 32 per cento di energie rinnovabili nel mix energetico dell’UE, che il ‘Fit for 55’ punta ad aumentare al 40 per cento. Gli Stati membri saranno vincolati quindi ad aumentare i propri contributi per raggiungere collettivamente il nuovo obiettivo, oltre che fissare limiti vincolanti per i principali settori economici: i trasporti, il riscaldamento e climatizzazione un aumento vincolante annuo di 1,1 punti percentuali in rinnovabili a livello nazionale, l’industria ed edilizia.
La revisione della direttiva sull’efficienza energetica prevede di portare al 36-37 per cento nel 2030 l’obiettivo a livello europeo (anche questo fissato al 32 per cento), introducendo l’obbligo vincolante per i Paesi dell’UE a ridurre collettivamente il proprio consumo energetico del 9 per cento rispetto ai livelli del 2020 entro il 2030. I paesi dell’UE devono inoltre realizzare nuovi risparmi annuali dell’1,5 per cento del consumo finale di energia a partire dal 2024, rispetto all’attuale livello dello 0,8 per cento.
La stragrande maggioranza dei Paesi dell’UE denuncia obiettivi “troppo restrittivi” del ‘Fit for 55’, chiedendo invece di tenere maggiormente conto delle caratteristiche nazionali. In generale si ribadisce il sostegno all’ambizione generale del pacchetto sul clima, ma si chiede più flessibilità all’UE sugli obiettivi settoriali che l’UE fissa sull’edilizia, l’industria, trasporti che sono considerati fin troppo ambiziosi per molti Stati. Per il ministro portoghese Joao Fernandes, Bruxelles dovrebbe mettere a disposizione degli Stati “tecnologie” che li aiutino nella transizione, e tenere in conto della “specificità dei singoli Stati membri”. Per il ministro francese per la Transizione ecologica, Barbara Pompili “la strada per decarbonizzare i settori deve restare a discrezione degli Stati”. Lo stesso per la Grecia, che si chiede se l’equilibrio del pacchetto sia giusto e chiede alla Commissione che tipo di “flessibilità” gli Stati possano aspettarsi.
Da parte dei governi non ci sono riserve solo per l’estensione del mercato del carbonio a edifici e trasporti, come già emerso nei precedenti dibattiti sul ‘Fit for 55‘, ma anche sulla revisione delle due direttive che chiude il lavoro della presidenza di turno di Slovenia, ormai agli sgoccioli. “Sotto la presidenza slovena, gli Stati membri hanno anche concluso la prima tornata di discussioni”, ha sintetizzato al termine del Consiglio la commissaria per l’Energia, Kadri Simson. Ammette anche che “mentre tutti vediamo la necessità di aumentare l’energia rinnovabile e migliorare l’efficienza energetica, resta ancora del lavoro da fare su come raggiungere questi obiettivi. Oggi ho avuto l’opportunità di ascoltare le opinioni degli Stati membri, il che è stato molto utile per tracciare la via da seguire”. Ora la palla sul ‘Fit for 55’ è tutta nelle mani della Francia, che si appresta ad assumere le redini dell’UE dal primo gennaio.