Bruxelles – Non si ferma l’azione della Commissione Europea contro l’Ungheria di Viktor Orbán sul fronte della violazione dei diritti LGBT+ nel Paese. Oggi (giovedì 2 dicembre) l’esecutivo UE ha deciso di intraprendere il secondo passo della procedura d’infrazione contro Budapest, inviando due pareri motivati per richiedere il rispetto dei diritti fondamentali e della non-discriminazione di tutti i cittadini ungheresi.
La procedura d’infrazione era stata aperta lo scorso 15 luglio, con l’invio di una lettera di costituzione in mora in merito alla pubblicazione di una legge che prevede una serie di misure restrittive e discriminatorie sui diritti delle persone LGBT+ in Ungheria. Il provvedimento del governo Orbán vieta l’accesso a contenuti che diffondano “divergenza dall’identità personale corrispondente al sesso alla nascita, al cambio di sesso o all’omosessualità” per chi ha meno di 18 anni. La Commissione UE ha rilevato una violazione di diverse leggi comunitarie (direttiva sui servizi di media audiovisivi e sul commercio elettronico, trattato sulla libera prestazione di servizi e sulla libera circolazione delle merci), ma soprattutto della dignità umana, della libertà di espressione e di informazione, del rispetto della vita privata e del diritto alla non discriminazione.
A quattro mesi e mezzo dall’invio della lettera, la Commissione UE ha valutato “non soddisfacente” la risposta arrivata da Budapest. A questo punto l’Ungheria ha due mesi di tempo per allinearsi alle richieste di Bruxelles e rispondere agli argomenti sollevati nel parere motivato. In caso contrario, il gabinetto von der Leyen potrà decidere di deferire il caso alla Corte di giustizia dell’Unione Europea.
Il secondo parere motivato – che si inserisce sulla stessa lunghezza d’onda del primo – riguarda un episodio datato 19 gennaio 2021, quando l’Autorità ungherese per la protezione dei consumatori ha imposto all’editore di un libro per bambini di includere un disclaimer per avvertire della presenza di “comportamenti che si discostano dai ruoli di genere tradizionali”, dal momento in cui all’interno del libro sono raffigurate anche famiglie LGBT+. L’esecutivo UE ha valutato che questa imposizione limita la libertà di espressione degli autori e degli editori di libri e discrimina “in modo ingiustificato” per motivi di orientamento sessuale. Dopo l’attenta analisi della risposta ungherese, anche in questo caso la Commissione ha ritenuto che “l’Ungheria non è riuscita a giustificare le restrizioni imposte” e, se non porrà rimedio alla situazione, potrà essere deferita alla Corte di Giustizia dell’UE.