Bruxelles – Nello sconcerto dei giornalisti presenti nella sala stampa della Commissione UE, il gabinetto von der Leyen ha presentato oggi (mercoledì primo dicembre) una serie di misure temporanee in materia di asilo e rimpatrio a favore di Polonia, Lituania e Lettonia, per la gestione della crisi migratoria sul confine con la Bielorussia. Sconcerto soprattutto per il fatto che, come ben rilevato dalla collega Federica Bianchi de L’Espresso, “queste misure sono una risposta che non ha niente a che fare con la realtà che vivono ai confini dell’Unione le persone migranti, che sono sistematicamente respinte”.
Di pushback (respingimenti illegali di persone con diritto alla protezione internazionale ai confini dell’Unione Europea) operati non solo dalle autorità polacche ma anche da quelle lituane, non si è fatto nemmeno cenno nell’ora scarsa di conferenza stampa del vicepresidente della Commissione UE per la Promozione dello stile di vita europeo, Margaritis Schinas, e della commissaria per gli Affari interni, Ylva Johansson. E nemmeno del fatto che istituzioni, ONG e giornalisti non possono accedere al confine per monitorare la situazione, a causa dell’imposizione della zona rossa in entrambi i Paesi.
I toni sono quelli da guerra fredda (“Se uno di noi è sotto attacco, noi saremo lì per sostenerlo”, ha dichiarato Schinas) e, di fronte alla strumentalizzazione delle persone migranti da parte del regime di Alexander Lukashenko, tanto basta per sospendere alcune delle regole UE sull’asilo lungo il confine con la Bielorussia. Secondo la Commissione le misure possono essere adottate dal Consiglio (a maggioranza qualificata) secondo l’articolo 78, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (qui un approfondimento), previa consultazione del Parlamento UE. Dopo lo scontro tra istituzioni sulla possibilità di finanziare barriere fisiche con i fondi UE, con questa proposta l’esecutivo comunitario ha dato seguito all’invito del Consiglio Europeo di ottobre di proporre modifiche al quadro giuridico dell’UE per garantire una risposta immediata al regime bielorusso.
Se adottate, le misure resteranno in vigore per un periodo di 6 mesi (ma potranno anche essere prorogate) e porteranno a una serie di restrizioni per i diritti delle persone migranti che proveranno a richiedere l’asilo in Lituania, Lettonia e Polonia. Prima di tutto, il periodo di registrazione delle domande d’asilo sarà allungato dagli attuali 3/10 giorni a quattro settimane, per un prolungamento dello stato di incertezza di queste persone e un indebolimento del loro diritto di accedere al sistema di asilo UE. La procedura di frontiera potrà essere applicata a chiunque, e non più solo a categorie limitate (provenienza da un Paese terzo sicuro o volontà di ingannare le autorità) e potrà durare fino a 16 settimane, includendo un eventuale ricorso.
E poi i tre Stati membri potranno applicare procedure nazionali semplificate e più rapide per il rimpatrio, “facilitato dalla possibilità di non applicare la direttiva rimpatri in determinati casi”. Polonia, Lituania e Lettonia avranno la possibilità di non applicare la direttiva ai migranti in arrivo dalla Bielorussia che non hanno fatto domanda di asilo, per evitare la proliferazione di regimi di rimpatrio paralleli e per rispettare meno garanzie procedurali.
Con i 200 milioni di euro messi a disposizione da Bruxelles per la gestione delle frontiere, Varsavia, Vilnius e Riga dovranno garantire condizioni di accoglienza per la copertura dei bisogni primari (alloggio temporaneo “adeguato alle condizioni climatiche stagionali”, cibo, acqua, vestiti e cure mediche) delle persone entrate “irregolarmente” nell’UE dalla Bielorussia e in attesa di risposta sulla domanda di asilo. In altre parole, tutti coloro che non sono stati precedentemente respinti in modo illegale dalle autorità nazionali e che si trovano ai valichi di frontiera di uno dei tre Paesi o in prossimità o della linea di confine.
“Su richiesta”, Polonia, Lituania e Lettonia potranno richiedere il supporto dell’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (EASO) per l’elaborazione delle domande, lo screening delle persone vulnerabili e la gestione dell’accoglienza, e dell’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex) per le attività di controllo delle frontiere e di rimpatrio. Sia il vicepresidente Schinas sia la commissaria Johansson hanno fatto riferimento agli “attacchi ibridi” che sta subendo l’Unione Europea, e che saranno oggetto della “revisione del Codice frontiere Schengen con l’aggiunta di una definizione chiara”. Se per l’Unione Europea questo significa accettare deroghe in ogni caso di emergenza sul rispetto dei diritti delle persone migranti, possiamo già aggiornare la lunga lista dei fallimenti di Bruxelles in materia di migrazione e asilo.