Roma – L’Unione europea è in ritardo, e si trova a dover inseguire gli eventi. Non è preparata, e allora la risposta passa attraverso un potenziamento dell’Unione, senza tralasciare la possibilità di procedere in modo differenziato laddove necessario. E’ la risposta fornita nel corso della ottava edizione di How Can We Govern Europe (HGE8), il principale evento sull’attualità europea organizzato da Eunews.
L’Europa ha di fronte a sé tre sfide, ricorda Carlo Corazza, capo dell’Ufficio del Parlamento europeo in Italia. Innanzitutto “abbiamo necessità di uscire da questa pandemia, perché la pandemia non è ancora sconfitta, e probabilmente resterà, magari in modo molto attenuato”. Poi ci sono le trasformazioni verde e digitale, e la terza sfida è “difendere la nostra democrazia liberale e i nostri valori”. Pensa in particolare alle potenze extra-europee. “Cina e Russia non sono modelli di democrazia liberale”. La situazione non è semplice. “Oggi l’UE non è attrezzata per vincere tutte queste tre sfide, non è sufficientemente forte”.
Niklas Wagner, capo dell’ufficio politico dell’Ambasciata della Germania in Italia, non ha dubbi. Proprio per questo serve più Europa. “C’è un nuovo modello in Germania”, premette riferendosi alla fine dell’era Merkel e la nuova coalzione tra socialdemocratici, verdi e liberali. “Il trattato di coalizione del cancelliere Scholz è molto ambizioso, perché prevede l’obiettivo di uno stato europeo federale“. Il trattato di coalizione, spiega poi, “parla di avanzare col metodo comunitario a 27, ma non esclude la possibilità di avanzare a livello di Stato membro” per dare una spinta laddove serve.
Un’ipotesi, quella di un’Europa avanti con l’istituto della cooperazione rafforzata, che non piace a Luca Visentini, segretario generale della Confederazione dei sindacati europei (ETUC), intervenuto a HG8 in collegamento da Bruxelles. “Costruire un’Europa a diverse velocità? Non ne sono convinto, perché abbiamo maggioranze diverse a seconda del dossier”. Semmai, propone, “andrebbe superato l’istituto dell’unanimità, e procedere a decisioni per voti a maggioranza”. Si sente di correggere anche Corazza, aggiungendo una quarta sfida, vale a dire la “necessità che le risorse del meccanismo di ripresa vengano spese bene, e rendere questo obiettivo più vincolante, perché non possiamo accettare che ci sia una ripresa senza creazioen di posti di lavoro di qualità”.
L’Europa a più velocità non deve essere vista come un problema, suggerisce Nicoletta Pirozzi, responsabile del programma UE, politica e istituzioni dello IAI – Istituto Affari Internazionali. “Abbiamo già un’Europa differenziata”, ricorda, riferendosi all’eurozona, l’area monetaria con 19 Stati membri. Poi c’è l’area Schengen per la libertà di circolazione, e ancore i cosiddetti ‘opt-out’, la possibilità di non partecipare a determinati programmi. “Alcuni vedono nel procedere con la cooperazione rafforzata la fine dell’unità europea, altri ne vedono un’utilità. Per noi la flessibilità può essere uno strumento utile per compattare l’Europa laddove non si riesce, come ad esempio l’immigrazione, i cambiamenti climatici, o la difesa”.
Tiziana Beghin, capo delegazione del Movimento 5 Stelle in Parlamento europeo, le sue domande se l’è poste, e la risposta è nel senso di un rafforzamento del sistema comunitario. “E’ chiaro che diventa fondamentale chiedersi se l’UE è equipaggiata per rispondere alle sfide fondamentali”. La risposta sembra essere quella già offerta dagli altri relatori di HGE8: no, e serve lavorare sull’UE. “Abbiamo visto con la pandemia che con più Europa questa Unione funziona meglio”, scandisce l’esponente pentastellata, favorevole al superamento delle logiche a Ventisette. “Diversi percorsi di integrazione potrebbero fornire risposte efficaci” laddove muoversi in modo compatto non fosse possibile. Sì alle geometrie variabili, dunque.
Sposa l’idea di un maggiore integrazione anche anche Vito Borrelli, vicedirettore della rappresentanza della Commissione europea in Italia, anch’egli riferendosi all’esempio offerto dalla crisi sanitaria. “Con la pandemia l’UE ha dimostrato in modo visibile l’importanza di unire le forze. Un molto contestato processo di negoziazione sui vaccini si è poi rivelato fondamentale. Con questo sistema di coordinamento siamo riuscito a ottenere risultati molto buon”. La strada è tracciata e appare quanto mai obbligata, ed è quella di una maggiore integrazione.