Bruxelles – L’Italia di Mario Draghi inizia a sollevare qualche dubbio. La Commissione europea ha qualche perplessità sul progetto di Documento di economia e finanzia (DEF) presentato dal presidente del Consiglio, che va nella giusta direzione ma viene rimproverato di non tenere sotto controllo i conti pubblici come dovrebbe. Il paragrafo dedicato all’Italia nel quadro del “Semestre europeo” nel parere alle leggi di bilancio dei membri dell’eurozona ricorda che a palazzo Chigi è stato raccomandato di “limitare la crescita della spesa corrente finanziata a livello nazionale”, ma che sulla base delle carte fatte recapitare a Bruxelles “si prevede che ciò non sarà sufficientemente garantito”. L’UE, in sostanza, boccia Draghi sul DEF perché imprudente nella spesa.
I servizi della Commissione europea stimano che la crescita della spesa corrente primaria finanziata a livello nazionale (“al netto delle nuove misure di entrate”) nel 2022 fornirà “un contributo considerevole “alla politica di bilancio complessiva di sostegno dell’Italia. Si alimenta ancora di più un debito considerato troppo elevato. Per questo, “al fine di contribuire al perseguimento di una politica di bilancio prudente, la Commissione invita l’Italia ad adottare, nell’ambito del processo di bilancio nazionale, le misure necessarie per limitare la crescita della spesa corrente finanziata a livello nazionale“.
Sostegno all’economia sì, ma Draghi forse eccede
L’impressione è che il governo italiano abbia interpretato in modo troppo espansivo il suggerimento di evitare di togliere troppo presto il sostegno all’economia reale. Le raccomandazioni per l’eurozona, pubblicate sempre oggi (24 novembre) nel più ampio pacchetto economico del semestre europeo prevedono che nel 2022 sia mantenuto “un orientamento di bilancio moderatamente favorevole in tutta l’area dell’euro” e che le misure di politica fiscale passino gradualmente verso investimenti che promuovono una ripresa resiliente e sostenibile. Ma l’Italia sembra essersi spinta oltre.
“Quando si adottano misure di bilancio di sostegno, è importante preservare una politica di bilancio prudente al fine di garantire finanze pubbliche sostenibili a medio termine”, ricorda il commissario per l’Economia, Paolo Gentiloni. Un richiamo per tutti, Italia compresa. Gli squilibri macroeconomici, in molti casi esacerbati dalla pandemia, richiedono molta attenzione”. Un altro messaggio per Roma e il suo capo di governo.
Meccanismo di allerta, Italia resta sorvegliato speciale
Il richiamo a Draghi non è casuale. Al parere sul DEF si aggiunge il meccanismo di allerta, la relazione per tutti quei Paesi con squilibri macroeconomici tali da giustificare un monitoraggio continuo. Un atto dovuto e previsto dalle regole comuni sul coordinamento delle politiche economiche. Qui, in questo esercizio di controllo, si ricorda che l‘Italia è entrata nella crisi del COVID-19 con “vulnerabilità legate all’alto livello del debito pubblico e una debole crescita della produttività, in un contesto di disoccupazione ancora relativamente alta”. Un quadro che con la pandemia non ha fatto che peggiorare.
Con la crisi COVID-19, i rapporti debito/PIL sono aumentati, mentre “permangono vulnerabilità del settore finanziario e alcune vulnerabilità nel mercato del lavoro”. Il giudizio non è positivo. Se l‘UE boccia Draghi sul DEF è per via del contesto generale e della situazione d’insieme. Nel complesso la Commissione ritiene “opportuno esaminare ulteriormente la persistenza dei rischi macroeconomici e monitorare i progressi nella risoluzione degli squilibri eccessivi”. Si resta sorvegliati speciali per la situazione pregressa e per vari motivi.
Il nodo della crescita, va accelerata
Innanzitutto l’Italia non rientrerà immediatamente delle perdite prodotte dallo spegnimento dell’economia causa pandemia. “Alcuni Paesi con importanti perdite di quote di mercato delle esportazioni nel 2020 dovrebbero recuperare solo una parte delle perdite nel prossimo futuro“, prevede l’esecutivo comunitario. Nella lista figura anche lo Stivale.
A proposito di figure, il dato sul rapporto debito/PIL ha raggiunto quota 155,6 per cento, e nel caso tricolore “oltre la metà dell’aumento di questo valore è derivato dall’effetto denominatore”, vale a dire una bassa crescita. Quindi serviranno misure e azioni per trainarla. Ecco perché “la priorità adesso è dare la giusta forma alle riforme e agli investimenti” che servono, avverte Valdis Dombrovskis, vicepresidente esecutivo della Commissione Ue responsabile per un’Economia al servizio delle persone. L’UE boccia Draghi sul DEF e suggerisce come svolgere i compiti a casa.
Il rischio fallimenti d’impresa
L’esecutivo comunitario non può fare a meno di rilevare come “permangono i rischi per le finanze pubbliche” associati al settore finanziario e delle imprese, data “la quota considerevole di prestiti garantiti pubblicamente e il rischio di un aumento delle insolvenze aziendali”, sebbene dai livelli attuali bassi. Lo Stato è troppo esposto al pericolo fallimenti e crack di imprese, specie quelle non finanziarie. Anche per questo si spiega l’invito a “una politica di bilancio prudente al fine di garantire finanze pubbliche sostenibili a medio termine”.
Del resto l’Italia figura nella lista di quei Paesi dove il rapporto debito/PIL delle società non finanziarie “è aumentato in modo particolarmente marcato”, e questo mette il Paese nella non invidiabile condizione di risultare fattore di rischio per tutti quanti se le cose dovessero mettersi male.
Banche, permangono vulnerabilità
Non sfugge alla lente d’ingrandimento di Bruxelles l’annosa questione dei crediti deteriorati, i prestiti che le banche fanno fatica a farsi restituire. “I miglioramenti sono proseguiti nel settore bancario, ma permangono vulnerabilità”, rileva la Commissione europea. La riduzione dell’incidenza dei crediti deteriorati è “ulteriormente progredita”, ma con un tetto del 4,5 per cento nel primo trimestre del 2021, rimane al di sopra della media dell’area dell’euro del 2,4 per cento.