Bruxelles – Il pacchetto sul clima Fit for 55 andrà adottato prima della prossima Conferenza sul clima delle Nazioni Unite di Sharm el-Sheikh (7-18 novembre 2022) per fare pressione sugli altri grandi emettitori e alzare le ambizioni sul clima. A dirlo il vicepresidente esecutivo della Commissione europea responsabile per il Green Deal, Frans Timmermans, inaugurando di fronte alla plenaria del Parlamento Europeo riunita a Strasburgo una discussione con gli eurodeputati sui risultati raggiunti dall’UE alla COP26 di Glasgow, che si è chiusa lo scorso 13 novembre con un accordo timido sulla riduzione dell’uso del carbone per produrre energia.
L’appello di Timmermans al Parlamento non è casuale, sull’ambizioso pacchetto sul clima presentato a luglio dalla Commissione la palla è ora nelle mani dei co-legislatori – Parlamento e Consiglio – che dovranno lavorare separatamente su tutti i testi di riforma (sono una dozzina) e raggiungere un compromesso politico su ciascuno. Sembra semplice, ma non lo è e Timmermans lo sa bene. Parlamento e Consiglio hanno impiegato circa un anno a trovare un accordo sulla prima legge climatica europea, quella che ha sancito l’obiettivo di ridurre le emissioni del 55 per cento entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Il Fit for 55, come spiega il termine, è la traduzione in atti normativi degli impegni fissati dalla Legge.
Tutte le parti presenti alla COP26 – oltre 190 Paesi – secondo Timmermans “seguono il fatto che siamo gli unici ad avere un vero piano per arrivare alle nostre riduzioni di emissioni, riduzioni di emissioni legalmente vincolanti entro il 2030 e il 2050”. Solo che il lavoro legislativo sul pacchetto “deve essere portato avanti” e concluso. L’Europarlamento insieme al “Consiglio siete responsabili perché questo possa accadere. Abbiamo molta strada da fare se vogliamo arrivare dove dobbiamo essere”.
Nel 2022 le parti che nel 2015 firmarono l’accordo di Parigi sul clima si riuniranno in Egitto. Per rendere la futura COP27 un successo dal punto di vista degli impegni concreti “l’UE dovrà lavorare a stretto contatto con Paesi e continenti che soffrono di più il cambiamento climatico”, in particolare l’Africa. Il patto siglato a Glasgow ha aperto la strada a una riflessione internazionale sul principio di perdita e danno (loss and damage) a indicare l’impatto negativo del cambiamento climatico di origine antropogenica, ovvero causato dall’uomo, in particolare sui Paesi in via di sviluppo, che per paradosso sono anche quelli che inquinano di meno. Questo principio avrà sempre più importanza alle prossime COP, con le parti come l’Africa l’UE dovrà intensificare il dialogo “sull’adattamento ai cambiamenti climatici, sulla finanza climatica e sulle varie soluzioni basate sulla natura per ridurre le emissioni”, come i pozzi di carbonio.