Bruxelles – Il mondo sta diventando sempre più autoritario e la democrazia in Europa, nel pieno della pandemia COVID-19, si sta riscoprendo meno solida di quanto si potesse immaginare. A metterlo nero su bianco è il rapporto globale sullo stato della democrazia 2021, pubblicato dall’Istituto internazionale per la democrazia e l’assistenza elettorale (International IDEA) con sede a Stoccolma. Lo studio annuale che monitora le performance democratiche di 158 Paesi da più di 45 anni ha messo in luce come la pandemia abbia esacerbato la tendenza di molti governi – anche europei – nell’adottare tattiche repressive nei confronti dei cittadini e di limitazione della libertà di parola, per un indebolimento generale dello Stato di diritto.
Il report specifico sull’Europa sottolinea che nell’ultimo decennio lo stato della democrazia nella maggior parte dei Paesi è andato ristagnando o declinando e la crisi sanitaria globale ha aggiunto un ulteriore livello di tensione. Alcuni Stati mostrano “chiari segni di erosione dei processi democratici e dei diritti fondamentali“, fino al punto “da non poter più essere qualificati come democrazie”. Più in dettaglio, il rapporto identifica 3 regimi ibridi (Russia, Serbia e Turchia), 2 regimi autoritari (Azerbaijan e Bielorussia) e 39 democrazie. Di queste ultime, 13 sono “ad alto rendimento”, vale a dire che ancora mostrano standard elevati nelle cinque aree analizzate (governo rappresentativo, diritti fondamentali, controllo sul governo, amministrazione imparziale e impegno partecipativo). Significativo il paragone con il primo rapporto pubblicato dall’Istituto: “Ci sono meno democrazie performanti oggi di quante ce ne fossero nel 1975“.
La lotta al COVID-19 è stata una cartina tornasole per lo stato della democrazia in Europa. Diversi governi hanno “completamente ignorato” il rispetto per i diritti umani e lo Stato di diritto “mentre combattevano la pandemia”, sfruttando la situazione di emergenza per rafforzare le prerogative del potere esecutivo e per indebolire le salvaguardie democratiche. “La pandemia ha messo a nudo i punti di forza e le debolezze in tutta Europa”, avverte il rapporto 2021: “Dove la democrazia stava già iniziando ad erodersi, o in Paesi con deficit democratici profondi e di lunga data, il danno della pandemia sarà probabilmente sostanziale”.
La democrazia nell’Europa centro-orientale
Una delle preoccupazioni maggiori riguarda il declino democratico nei Paesi dell’Europa centro-orientale. In Ungheria, Polonia e Slovenia esiste un vero e proprio rischio che questo processo porti alla “rottura del consenso democratico-liberale dell’Unione Europea”. In questi Paesi la pandemia ha aggravato problemi strutturali dell’ultimo decennio, come la tendenza all’eccesso di poteri dell’esecutivo, la debolezza del controllo parlamentare e misure per limitare le libertà civili. Nell’ultimo anno le tendenze negative in Polonia e Ungheria hanno riguardato l’indipendenza giudiziaria e le violazioni dei diritti fondamentali, mentre la Slovenia si è unita a questo terzetto di democrazie in declino a causa degli attacchi contro la libertà di espressione e di informazione e contro l’uguaglianza tra gruppi sociali. Gli attori politici nazionali e le istituzioni dell’UE “devono agire con determinazione per resistere a un’ulteriore autocratizzazione e recuperare la regione dalla crisi attuale”, è l’esortazione dell’Istituto internazionale per la democrazia e l’assistenza elettorale.
Anche nei Balcani Occidentali e in altri Paesi dell’Europa orientale “le debolezze di lunga data di queste nuove democrazie sono state aggravate dal COVID-19”. Questo discorso riguarda in particolare la Serbia che, “dopo anni di deterioramento dell’integrità dei media e dei diritti delle minoranze”, ora è classificata come un regime ibrido (tra il democratico e l’autoritario). Albania e Bosnia ed Erzegovina sono considerate “democrazie deboli”, con difficoltà delle élite al potere nel “rompere con le abitudini di quando erano regimi ibridi”: in questi Paesi si continuano a registrare boicottaggi parlamentari per le accuse di perdita di condizioni di parità per i gruppi di opposizione.
Azerbaigian, Turchia, Russia e Bielorussia hanno invece continuato ad approfondire la propria tendenza all’autocratizzazione. Qui i regimi al potere hanno intensificato la repressione contro gli oppositori politici e i gruppi indipendenti, hanno “sistematicamente” violato i diritti e le libertà fondamentali e hanno minato l’indipendenza della magistratura e dei media. In Russia “la libertà di espressione è diminuita significativamente negli ultimi dieci anni e il presidente Vladimir Putin “ha effettivamente esteso la sua permanenza al potere fino al 2036”, grazie al voto dello scorso anno sugli emendamenti alla Costituzione “condotto al di fuori del quadro giuridico e inficiato da numerose segnalazioni di violazioni procedurali”, specifica il rapporto.
In Bielorussia “le repressioni politiche iniziate in occasione delle elezioni presidenziali dell’agosto 2020 sono continuate e hanno raggiunto livelli senza precedenti”. Lo stato della libertà di espressione e di assemblea è la peggiore rispetto a “qualsiasi momento durante i 27 anni di governo di Alexander Lukashenko“. Dall’inizio della repressione, più di 30 mile persone sono state arrestate e perseguite, “molte delle quali molestate e torturate“, e al 31 luglio 2021 sono stati identificati 604 prigionieri politici. In questo contesto, “i cittadini e l’opposizione democratica hanno dimostrato livelli di resilienza e consolidamento senza precedenti fino a oggi“, ha sottolineato l’Istituto internazionale con sede a Stoccolma.
Il livello democratico nell’Europa occidentale
Anche nei 13 Paesi dell’Europa occidentale ad alto rendimento – Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Islanda, Irlanda, Paesi Bassi, Norvegia, Svezia, Svizzera e Regno Unito – “la qualità della democrazia è in fase di stallo“. Per esempio, negli ultimi anni è stato registrato in Francia un regresso nell’uguaglianza sanitaria e nelle libertà civili (a causa delle restrizioni alla diffusione di immagini di agenti di polizia sui social network durante le proteste), mentre in Danimarca l’introduzione del divieto di coprirsi il volto con burqa e niqab ha contribuito al declino nel punteggio sulla libertà di religione. La Germania ha visto diminuire le sue prestazione sull’integrità dei media e sulla sicurezza personale e in Portogallo ci sono stati cali nell’indipendenza giudiziaria e nella lotta alla corruzione.
Nelle altre 23 democrazie europee di medio livello (Italia compresa) la situazione è “complessivamente stagnante o erosa“, mette in evidenza lo studio. Durante la crisi sanitaria, numerosi casi di “reazioni impulsive” alla crisi hanno contribuito a sollevare le preoccupazioni dei cittadini sul futuro della democrazia: i problemi maggiori sono state le restrizioni sui diritti e le libertà fondamentali, che hanno “un impatto negativo sproporzionato sui gruppi vulnerabili e che aumentano le disuguaglianze sociali”, e la trasparenza e responsabilità dei governi nazionali nel processo decisionale. Comportamenti di questo tipo – che hanno aggravato una tendenza già in atto – si sono registrati soprattutto in Spagna, Bulgaria, Croazia, Grecia, Repubblica Ceca, Romania e Lituania, dove è minacciata l’indipendenza dei media e l’uguaglianza tra gruppi sociali.
Per quanto riguarda l’Italia, nonostante la situazione sia rimasta pressoché stabile, si evidenziano criticità proprio in questi due settori. “Casi di abusi online, intimidazioni e prese di mira di giornalisti arrivano da Austria, Croazia, Italia, Portogallo, Russia, Serbia e Slovenia”, conferma il rapporto, associandolo a un “aumento generale del sentimento anti-stampa“. Così come rilevato anche dal Media Pluralism Monitor’s 2020, le condizioni di lavoro dei professionisti dell’informazione si stanno sempre più deteriorando e l’aumento della concentrazione della proprietà dei media in Europa è “uno dei rischi più significativi per il pluralismo”. Sul piano delle misure discriminatorie, in Francia, Italia, Spagna e Regno Unito i senzatetto si sono trovati “sproporzionatamente” presi di mira dalle restrizioni determinate dalla crisi sanitaria. Inoltre, persone immigrate e di colore hanno hanno ricevuto multe “in modo sproporzionato” rispetto al resto della popolazione in tutto il continente: un fenomeno registrato in particolare in Belgio, Francia, Germania, Paesi Bassi e Regno Unito.