Bruxelles – Ormai la situazione sul confine tra Polonia e Bielorussia è fuori controllo. Se da una parte si parla di “atteggiamenti disumani” da parte del regime del presidente Alexander Lukashenko, anche l’Unione Europea non sta facendo nulla per mostrare un po’ di umanità nei confronti delle persone migranti che da settimane si trovano bloccate in una striscia di terra dell’Europa orientale, incastrate in un conflitto diplomatico tra Bruxelles e Minsk.
Tutto l’opposto, invece. Oggi (martedì 16 novembre) al valico di frontiera di Kuznica-Bruzgi le forze di polizia della Polonia hanno respinto un gruppo di migranti con gas lacrimogeni e cannoni ad acqua, in risposta a quello che Varsavia definisce “un assalto”. Sassi e disperazione contro agenti in assetto antisommossa e filo spinato. Ricordare che si tratta di pushback, respingimenti illegali di persone con diritto alla protezione internazionale ai confini dell’Unione Europea, ormai è diventato solo un esercizio di stile. Questa pratica illegale secondo le regole comunitarie è sotto gli occhi di tutti. Non c’è nemmeno bisogno di andare alla ricerca di testimonianze o denunce delle ONG: è lo stesso ministro della Difesa polacco, Mariusz Błaszczak, a pubblicare tutto su Twitter, ringraziando i militari e vantandosi della risposta “che ha messo al sicuro il Paese”.
https://twitter.com/MON_GOV_PL/status/1460538305498525700?s=20
“I migranti hanno attaccato i nostri soldati con pietre e stanno cercando di distruggere la recinzione per raggiungere la Polonia. I nostri ufficiali hanno usato gas lacrimogeni per sedare l’aggressione“, riporta l’account ufficiale del ministero della Difesa su Twitter. Da Varsavia viene accusato il regime di Lukashenko – colpito ieri dalla quinta tornata di sanzioni, che ha allargato il campo di applicazione anche per la strumentalizzazione di essere umani alla frontiera – di aver fornito alle persone migranti oggetti contundenti da lanciare contro i soldati polacchi.
In tutta risposta, le forze di polizia in assetto antisommossa hanno azionato i cannoni ad acqua. Oltre al dolore fisico che può essere provocato da un getto d’acqua sparato da un idrante, non bisogna dimenticare che sul confine tra Polonia e Bielorussia le temperature non superano i 5 gradi e che al momento le persone bloccate alla frontiera non stanno ricevendo nessun tipo di aiuto umanitario. Né cibo né vestiti asciutti, considerato il fatto che anche alle agenzie dell’ONU l’accesso è negato da entrambe le parti del confine, sia bielorusso sia polacco.
https://twitter.com/MON_GOV_PL/status/1460544128085807104?s=20
Non hanno accesso al confine nemmeno le agenzie e le istituzioni dell’Unione Europea. I portavoce della Commissione UE parlano in modo generico di “necessità di garantire la trasparenza nella gestione della situazione”, ribadendo che “sarebbe molto utile” se le autorità polacche aprissero la zona coperta dalle regole restrittive dello stato di emergenza. Al momento non è prevista “alcuna visita ufficiale” da parte dei membri dell’esecutivo comunitario alla frontiera con la Bielorussia, mentre Bruxelles continua a insistere sul tema dei muri: “La nostra posizione non cambia, i fondi europei non possono essere utilizzati per la costruzione di barriere fisiche”, ha insistito il portavoce della Commissione UE, Eric Mamer. Non una parola sulle pratiche illegali messe in atto dalle autorità polacche. Ma l’ipocrisia dell’Unione Europea nella gestione dei confini esterni ormai è caduta sul fronte orientale. Da oggi, i migranti si respingono anche a colpi di gas lacrimogeno e cannoni ad acqua.