Bruxelles – Riforma della giustizia in Polonia ancora sotto accusa e ancora una volta bocciata dalla Corte di giustizia dell’UE. Con sentenza si stabilisce che il regime in vigore in Polonia è incompatibile con il diritto comunitario, poiché consente al ministro della Giustizia il distacco dei giudici presso organi giurisdizionali penali superiori, distacco al quale tale Ministro, che è al contempo procuratore generale, può porre fine in qualsiasi momento senza motivazione.
Il requisito dell’indipendenza dei giudici, ricordano a Lussemburgo, impone che le norme relative a un tale distacco presentino “le garanzie necessarie per evitare qualsiasi rischio che esso sia impiegato quale strumento di controllo politico” del contenuto delle decisioni giudiziarie, in particolare nel settore penale. In tal senso, rileva la Corte di giustizia dell’UE, sebbene il fatto che il ministro della Giustizia può distaccare i giudici solo con il loro consenso costituisca una garanzia procedurale importante, “esiste tuttavia una serie di elementi che consentono a tale ministro di influenzare tali giudici, e possono far sorgere dubbi circa la loro indipendenza“.
Si intravede in particolare “il rischio di manipolazione”, da evitare con “criteri noti in anticipo” e motivazioni dettagliate e trasparenti per ogni decisione relativa allo spostamento di un togato. L’indipendenza e l’imparzialità dei giudici sono dunque condizioni essenziali affinché la presunzione di innocenza sia garantita, come stabilito anche dalla direttiva sulla materia. Orbene, nel caso di specie risulta che, nelle circostanze illustrate, l’indipendenza e l’imparzialità dei giudici e, di conseguenza, la presunzione di innocenza “possono essere compromesse”.
Il sistema vigente in Polonia in materia dei distacco dei giudici confligge dunque con il diritto dell’Unione. Il problema è che la Polonia ha rimesso in discussione la supremazia del diritto UE. Il pronunciamento dei giudici di Lussemburgo dunque riaccende lo scontro tra Bruxelles e Varsavia.