Bruxelles – Per la prima volta da decenni, la Francia si è impegnata a rilanciare nel Paese “la costruzione di nuovi reattori nucleari” a cui affiancare lo “sviluppo di energie rinnovabili”. Il presidente francese Emmanuel Macron viene così meno alla promessa fatta all’inizio del suo mandato nel 2018 di ridurre il contributo del nucleare al mix energetico francese dal 75 al 50 per cento entro il 2035: una decisione annunciata ieri sera (9 novembre) durante un discorso alla nazione trasmesso in televisione, presentata come necessaria per garantire “l’indipendenza energetica della Francia, l’approvvigionamento elettrico del nostro paese e raggiungere l’obiettivo di neutralità del carbonio nel 2050″.
L’attuale crisi dei prezzi del gas e dell’energia elettrica in Europa ha riaperto il dibattito sul ricorso al nucleare come fonte energetica a basse emissioni di CO2 e auto-prodotta nella UE. L’Unione è dipendente da Paesi terzi, la Russia in cima alla lista, per il 90 per cento della produzione di gas naturale, mentre produce una quota maggiore di rinnovabili e di energia dell’atomo, la maggior parte della quale è prodotta ancora da Parigi. “Se vogliamo pagare la nostra energia a prezzi ragionevoli e non dipendere dall’estero, dobbiamo continuare a risparmiare energia e investire nella produzione di energia senza emissioni di carbonio sul nostro suolo”, ha proseguito il capo dell’Eliseo, chiarendo che la decisione è dettata proprio dalla necessità di un piano a lungo termine per la crisi dei prezzi.
Negli ultimi anni la produzione nucleare ha continuato a diminuire in UE, registrando nel 2020 un calo record dal 1990 del 10 per cento. Molti Paesi si sono impegnati per l’eliminazione graduale del nucleare, ritenuta energia a basse emissioni ma non sostenibile ambientalmente sul lungo periodo, viste le difficoltà nello smaltimento di scorie e rifiuti radioattivi che rimangono sui territori: 2022 per la Germania, 2025 per il Belgio, 2030 per la Spagna e anche Parigi stessa entro il 2035 a metà del suo mix di elettricità. Macron aveva previsto la chiusura di almeno 14 reattori nucleari (quelli più vecchi) in otto centrali: in tutto oggi la flotta nucleare francese comprende 56 reattori operanti in 19 centrali elettriche (2 sono stati chiusi nel 2020).
Il capo dell’Eliseo, in piena campagna elettorale per rinnovare il mandato, non ha dettagliato ancora quanti e dove sorgeranno, è attesa una nuova comunicazione nelle prossime settimane. La crisi energetica sta facendo cambiare posizione a molti Stati membri, oltre una decina sono ormai favorevoli a considerare il nucleare tra le energie di transizione per la decarbonizzazione del Continente e Bulgaria, Repubblica Ceca, Francia, Finlandia, Ungheria, Polonia hanno in cantiere la costruzione di nuovi grandi reattori.
A Bruxelles si aspetta la pubblicazione da parte della Commissione del secondo atto delegato sulla tassonomia, il sistema di classificazione sugli investimenti che probabilmente aprirà sia al gas sia al nucleare come fonti di transizione. L’Italia – che ha smesso di usare il nucleare per produrre energia elettrica dopo il referendum del 1987 – non ha fornito finora una chiara posizione in attesa del documento della Commissione, anche se il dibattito sul nucleare di nuova generazione è tutto aperto.