Roma – Le concessioni balneari non potranno più essere prorogate oltre il 31 dicembre 2023. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato che in adunanza plenaria ha deciso in favore della legislazione UE che aveva già messo in mora l’Italia per la maxi proroga di 15 anni stabilita dalla legge di bilancio del 2019 che aveva fatto slittare le concessioni demaniali fino al 2033.
Il termine perentorio stabilito dai giudici interviene sul contenzioso aperto da oltre 10 anni quando con la direttiva Bolkestein venne intimato di non consentire più il regime di proroghe automatiche. Una posizione ribadita anche dalla Corte di Giustizia che nel 2016 aveva sanzionato l’Italia che non ha mai adeguato la legislazione nazionale. Con la decisione di oggi il Consiglio di Stato stabilisce un periodo transitorio di due anni ma che dal giorno successivo al 31 dicembre 2023 le stesse proroghe non saranno più possibili, neppure per via legislativa, e il settore dovrà essere aperto a un regime di concorrenza.
Appena pochi giorni fa il governo (anche in riferimento alle riforme chieste dall’UE sulla concorrenza) aveva previsto nel disegno di legge ad hoc, la necessità di un censimento ad ampio raggio prima di avviare una riforma dei canoni e aprire le concessioni alle regole della concorrenza. Una scelta che aveva convinto poco i funzionari di Bruxelles che pur senza un richiamo formale chiedono all’Italia di agire rapidamente e rendere le norme nazionali compatibili con le regole comunitarie.
Però sono arrivati prima i giudici amministrativi che sottolineando “l’eccezionale capacità attrattiva del patrimonio costiero nazionale”, affermano che non si può continuare a sostenere che il settore, così nevralgico per l’economia del Paese, “possa essere tenuto al riparo dalle regole delle concorrenza e dell’evidenza pubblica, sottraendo al mercato e alla libera competizione economica risorse naturali in grado di occasionare profitti ragguardevoli in capo ai singoli operatori economici”.
Infine, a proposito della direttiva Bolkestein da sempre contestata dalle imprese balneari e dai concessionari dei porti turistici, i giudici del Consiglio di Stato scrivono che “devono essere fugati i dubbi relativi alla possibilità di far rientrare le concessioni demaniali con finalità turistico-ricreative nel campo di applicazione della direttiva in questione”.